Sukkot 5785 – Godere di essere all’ombra di Dio

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Festività

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

tradotto ed adattato da David Malamut

La festa di Sukkot è particolarmente felice. Dopo i sentimenti trascendenti e spaventosi di Rosh Hashana e Yom Kippur, è bello essere liberati nella natura, andare nella sukka (capanna) con tutta la famiglia per celebrare la festa di cui la Torah dice: “Sii completamente felice!” Ma perché? Qual è lo scopo di celebrare questa festa? La Torah afferma (Levitico 23, 43):

<<Affinché sappiano i vostri posteri che nelle capanne ho fatto abitare i figli d’Israel, quando li trassi dalla terra d’Egitto [cioè perché non insuperbiscano per l’abbondante ricolto, ma rammentino l’antica miseria, e riconoscano da Dio la loro prosperità]. Sono io, il Signore, Iddio vostro.>>

Cosa sono queste capanne (sukkot), queste capanne dove sedevano i nostri antenati nel deserto? I saggi della Mishna erano divisi su questo tema duemila anni fa. Rabbi Akiva pensava che queste fossero normali cabine costruite dai Bnei Yisrael nel deserto. Rabbi Eliezer affermò che questo si riferiva alle Nuvole di Gloria che Dio portò per proteggere lungo il percorso dei Bnei Yisrael, da montagne, ostacoli, animali e altri potenziali danni.

Queste spiegazioni sono difficili da comprendere. Se queste fossero delle vere sukkot, quale sarebbe il motivo ogni anno per ricordarli? Cosa avevano di speciale? E anche se stessimo parlando delle Nuvole di Gloria che sono arrivate miracolosamente, perché celebriamo una festa speciale proprio per questo miracolo? La Torah ci parla di molti altri miracoli che i nostri antenati meritarono nel deserto: il miracolo della manna’ – il cibo celeste che mangiarono nel deserto, il miracolo del pozzo di Miriam – che fornì loro acqua potabile durante il loro viaggio, e tanti altri. In che senso le sukkot erano così uniche da celebrare una festa speciale per ricordarli appositamente?

Facciamo ancora una domanda. Esiste una halacha (legge ebraica) riguardante la sukka che è diversa da qualsiasi altro comandamento: una persona per la quale mangiare o dormire nella sukka provoca dolore fisico è esente dall’essere in una sukka. Ad esempio, se qualcuno vive in un luogo molto freddo oppure la sua sukka è piena di zanzare a causa della sua posizione geografica, può mangiare e dormire a casa sua come al solito. Perché? Una persona per la quale fare la carità o osservare lo Shabbat o mangiare matza a Pesach causa dolore non immaginerebbe nemmeno di essere esente da queste mitzvot. Quindi, cosa c’è di così speciale nella mitzvah di stare nella sukka?

Per capirlo, diamo un’occhiata alle due opinioni di cui abbiamo parlato sopra – vere cabine oppure Nuvole di Gloria – e vediamo che sono, infatti, due facce della stessa medaglia. Quando i Bnei Yisrael lasciarono l’Egitto, Dio li pose sotto le Sue ali ed essi meritarono la vita ed essere accompagnati dalla Sua bontà Divina. Il rapporto con il Creatore era semplice: in qualsiasi momento potevano avvicinarsi a Moshe che aveva “libero accesso” per parlare con Dio ed esaminare i loro dubbi e incertezze. Allo stesso tempo, Dio diede loro mitzvoth e indicazioni per elevare il loro proprio livello spirituale che raggiunse il suo apice quando ricevettero la Torah sul Monte Sinai. Vediamo che loro vivevano all’ombra di Dio in ogni momento.

Insieme a questo elevato senso spirituale arrivò anche una straordinaria realtà fisica. Un’intera nazione di milioni di persone (600.000 uomini di età compresa tra i 20 e i 60 anni, esclusi donne e bambini) ha camminato attraverso il deserto. Da dove prendevano il cibo? Da dove hanno preso l’acqua? Vestiti? Riparo? Meritavano miracoli celesti anche in queste sfere: il cibo cadeva dal cielo, l’acqua saliva dal pozzo, gli abiti non si consumavano mai e venivano costruiti le sukkot.

In ricordo di questa meravigliosa perfezione, del viaggio nel deserto sotto le ali di Dio che ci ha accompagnato con straordinaria abbondanza materiale, celebriamo la festa di Sukkot. La vacanza comprende due facce della medaglia: ci viene comandato di uscire nella natura e cercare di rientrare nel sentimento di dipendenza da Dio e di essere riparati nella Sua ombra come lo erano i Bnei Yisrael nel deserto, ma tutto questo a condizione che non ci sia alcun dolore fisico.

Cerchiamo di ricreare l’esperienza spirituale che i nostri antenati ebbero nel deserto: la perfetta dipendenza da Dio che arriva con conforti fisici anche in un deserto arido. Questo è il motivo per cui abbiamo questa halacha unica che afferma che se una persona prova dolore mentre è seduta nella sua sukka, è di fatto esente da questa mitzvah.

Ora possiamo sentire e comprendere meglio che la festa di Sukkot non è solo una festa gioiosa e una commemorazione dei miracoli avvenuti nel deserto. È anche una esperienza spirituale elevata che arriva al momento perfetto: dopo Rosh Hashana e Yom Kippur, quando abbiamo sentito il giudizio e la misericordia del Creatore e i nostri peccati sono stati espiati. Siamo benedetti della luce Divina che ci porta a vivere in un’atmosfera diversa, nell’atmosfera di una sukka che Dio protegge, con il senso delle Nuvole di Gloria che ci avvolgono e camminano al nostro fianco in ogni passo della vita, e nella grande gioia di avere il privilegio di vivere in questa grande luce, la Luce del Creatore del mondo che accompagna le nostre vite in un grande amore.

 

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