SHABBAT SHALOM VERONA
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Cari amici
La Parashat settimanale Tazria inizia con la legge di “Tum’at Yoledet” – lo stato di impurità che scende su una donna dopo che lei ha fatto un figlio. La Torah stabilisce che la donna è impura per Sette, o quattordici giorni – a seconda che lei abbia partorito un maschio o una femmina – e in seguito dovrà offrire un sacrificio speciale per riconquistare il suo stato di purezza.
Questa Halacha sembra, a prima vista, molto difficile da capire. La prima Mizva che D-O ha comandato, dopo aver creato i primi esseri umani è “Peru U’revu” – l’obbligo di procreare. Avere un figlio è qualcosa di prezioso e bello. È uno dei nostri doveri più sacri. Perché, allora, il parto avrebbe portato su una donna uno stato di Tum’a (impurità)? In effetti, la Gemara dice che Hashem ha un “contenitore” nei cieli che contiene tutte le anime destinate a scendere nel nostro mondo, e una volta che questo contenitore è vuoto, verrà Mashiah. In quanto tale, ogni volta che una donna partorisce un figlio, avvicina il mondo al suo stato di redenzione. Per quale motivo, quindi, diventa impura?
Un altro aspetto apparentemente peculiare della discussione della Torah su “Tum’at Yoledet” è la menzione della Mizva del Berit Mila in questo contesto. Mentre discute il caso della nascita di un bambino , la Torah ha ritenuto necessario reiterare il comando di circoncidere il bambino nel suo ottavo giorno. Perché questa Mizva si è ripetuta qui? Di che rilevanza è la mizva del Brit Mila per l’Halacha di “Tum’at Yoledet”?
La risposta sta nella comprensione del concetto di Tum’a. Questa parola, come molte persone credono erroneamente, non si riferisce a “contaminazione” o a qualsiasi tipo di sporcizia. Piuttosto, come insegna lo Zohar, Tum’ah è il risultato della perduta santità. Quando qualcosa è pieno di Kedusha, e poi la Kedusha va persa, le forze dell’impurità riempiono il vuoto creato. Un certo numero di fonti traccia un confronto con due vasi: uno contenente miele e un altro contenente aceto, che è stato svuotato. Non appena, dopo che si sia svuotato il contenitore , insetti e mosche scesero sul barattolo di miele vuoto per consumare le dolci gocce di miele che rimangono, ma nessun insetto va al barattolo dell aceto. Allo stesso modo, finché un’anima è nel corpo, la Kedusha dell’anima mantiene gli “insetti” – le forze di Tum’a – assenti, ma una volta che il corpo è “svuotato”, il vuoto viene riempito da queste forze che cercano per alimentare la “dolcezza” della residua Kedusha che rimane. Queste forze vanno solo dove c’era “miele” – Kedusha – ma non dove c’era “aceto”. Sono attratti dalla “dolcezza” della Kedusha e sono in grado di discendere su un luogo santo una volta che la Kedusha non è più presente.
In altre parole, Tum’a è ciò che accade quando la Kedusha riparte.
Questo, quindi, spiega il concetto di “Tum’at Yoledet”, lo stato di impurità che si abbatte su una donna dopo il parto. La Gemara ci dice che durante la gravidanza un angelo si siede con il feto e insegna al bambino l’intera Tora. Sorprendentemente, una donna durante la gravidanza è una “yeshiva mobile”, con la Torah studiata dentro di essa. C’è una grande Kedusha dentro la donna durante quei mesi. Una volta che il bambino è nato, questo Kedusha vuene persa e il vuoto è riempito dalle forze dell’impurità.
Estendendo ulteriormente questa nozione, possiamo spiegare perché il periodo di Tum’a è più lungo dopo la nascita di una bambina femmina che dopo la nascita di un bambino maschio.
La differenza principale tra la nascita di una bambina e la nascita di un bambino è, che dopo la nascita di un bambino , si effettua il Berit Mila – e il Berit Mila ha l’effetto di eliminare lo stato di Tum’a della donna.
La tradizione insegna che Eliyahu Ha’navi frequenta ogni Brit eseguito su un bambino ebreo. E, come sappiamo, Eliyahu verrà inviato a noi prima dell’arrivo di Mashiah per prepararci alla redenzione. Egli ispirerà, motiverà e ci guiderà a pentirci, a eliminare tutte le nostre “impurità” e ad avvicinarci a Hashem, così saremo pronti a salutare il Messia. Eliyahu assiste a un Berit perché un Berit è ciò che potremmo chiamare una “redenzione in miniatura”. Un Berit Mila è un momento di immensa Kedusha, un’occasione che porta un livello di purezza e santità a tutti coloro che sono presenti – somigliante, in piccola misura,alla purezza e santità che Eliyahu ci aiuterà a raggiungere quando arriverà a prepararci per la redenzione finale.
Naturalmente, quindi, il periodo di Tum’a che segue il parto termina dopo sette giorni – perché a quel punto, il bambino viene circonciso, ed Eliyahu arriva ed elimina l’impurità. Ed è per questo che la Torah menziona Berit Mila in questo contesto – perché è il motivo per cui il periodo di Tum’a dopo la nascita di un ragazzo termina dopo solo sette giorni. La Torah ci sta indicando che l’occasione di un Brit ha un profondo impatto spirituale che libera la donna dal suo stato di Tum’a – dandoci un’idea dell’elevazione spirituale che sperimenteremo nel futuro, quando Eliyahu verrà per preparare noi per la Gheula finale presto ai nostri giorni AMEN!!! .
Un caloroso shabbat shalom !
Rav Labi
ORARI SHABBAT VERONA
SHABBAT ROSH CHODESH TAZRIA
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Accensione candele venerdì sera vigilia Shabbat entro le 19.30
Barukh atah Ado-nai, Elo-heinu, melekh ha’olam asher kidishanu b’mitz’votav v’tzivanu l’had’lik ner shel Shabbat Kodesh.
Yehi ratzon milfanecha Ado-nai Elo-heinu Ve-lohei Avotenu sheyibane beit hamikdash bimhera beyameinu veten chelkenu betoratecha.
JEWISH VERONA NEWS:
Torah Caffè :
Pessach Regole spiegazioni e tradizioni
Domenica 14/04/2019 ore 10.00
SEDER DI PESACH in Comunità:
Venerdì 19 Aprile
Prenotazioni: comebraicavr@alice.it
tel.: 0458007112
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Torà della settimana
Tazria in Breve
Questa parashà tratta delle leggi di purità e impurità spirituale. Una partoriente deve immergersi nel mikvè e portare diverse offerte al Bet Hamikdash. I neonati maschi devono essere circoncisi nell’ottavo giorno di vita.
Tzara’at, una forma di lebbra, è una piaga soprannaturale che può affliggere le persone, i vestiti e le case. Se una macchia bianca o rosa appare sulla pelle ci si deve rivolgere al kohèn che, in base a vari segni, decide se la persona è ritualmente pura o impura.
Una persona che ha tzara’at deve vivere fuori dall’accampamento o dalla città finché non è guarito. Nel vestiario o in una casa bisogna rimuovere la zona colpita, ma se la piaga si ripresenta bisogna distruggere tutto il capo o tutta la casa.
Approfondimento: Tumà e Taharà – Impurità e Purità
Certamente non è esagerato dire che due dei concetti meno compresi della Torà sono quelli della tumà e della taharà. Comunemente tradotti come ‘impuro’ e ‘puro’, tumà e taharà provocano di solito reazioni negative. Si può dire che in fondo queste obiezioni sorgono da un’incomprensione fondamentale. Infatti, tumà e taharà sono, prima di tutto, concetti spirituali e non fisici; non devono essere assolutamente confusi con i tipi di purezza ed impurezza recepiti dalla mente umana, ad esempio disagio fisico, sporcizia ecc.
Tali leggi appartengono alla categoria dei comandamenti per i quali non si forniscono motivi, i chukìm, poiché questi sono sovra razionali. Ed è proprio perché sono di un così alto livello spirituale, al di là della comprensione dell’intelletto, che coinvolgono una parte molto elevata dell’anima che trascende completamente la ragione.
Sebbene la mente umana non possa comprendere questi decreti Divini con la logica (come risulta evidente dalla grossolana incomprensione degli stessi, così prevalente al giorno d’oggi), possiamo, almeno, tentare di comprenderli spiritualmente e cercarne il significato e le motivazioni interiori.
Gli insegnamenti della chassidut spiegano che, nella sua essenza, tumà, può essere definita come ‘assenza di kedushà’ (santità). Kedushà è chiamata vita, vitalità: essa è unita ed emana dalla Fonte di tutta la vita, il Creatore. Israel, per esempio, è chiamato chai, vivente; “Mentre voi, che rimaneste attaccati al Signore vostro D-o, siete ancora oggi tutti vivi” (Deut. 4:4). Secondo la chassidut per connettersi a D-o è necessario avere bittùl; annullare, per così dire, la nostra esistenza al volere di D-o. Dall’altra parte, ciò che è distante o separato dalla Sua Fonte è chiamato ‘morte, impurezza’. Secondo con la legge ebraica, la morte è la causa principale di tumà; la tumà più grave proviene infatti dal contatto con un cadavere.
Di conseguenza, le forze del male vengono chiamate, nella terminologia chassidica, sitrà achrà, ovvero, ‘l’altro lato’ poiché sono al di fuori, distanti dalla presenza di D-o e dalla santità. Essi esistono nella regione dove Egli è più occulto e meno sentito, dove c’è meno kedushà. In un luogo dove D-o è meno sentito, naturalmente esiste più spazio per l’opposizione a Lui. Santità è sinonimo di bittùl: non esiste una vera esistenza indipendente da D-o.
Quindi, se separiamo il termine ‘impuro’ dalla sua connotazione fisica e percepiamo il suo vero significato spirituale, vediamo che significa ‘un’assenza di santità’. Perché, di fatto, esiste la tumà? Che proposito può avere nella creazione dì D-o? “L’Onnipotente creò una cosa in opposizione ad un’altra”, leggiamo nel libro degli Ecclesiasti (7:14) e secondo l’interpretazione della chassidut, tutto nel campo della Kedushà ha una sua controparte nel profano.
Da un lato, queste regioni opposte sono create perché ci sia concesso il libero arbitrio nel nostro comportamento. Ad un livello più profondo, quando rigettiamo il male e sciegliamo il bene e, ancora di più, quando trasformiamo lo stesso male in bene, effettuiamo un’elevazione non solo in noi stessi, ma nel mondo intero, avvicinandolo alla perfezione ultima. Da qui, in un riscontro più profondo, il proposito finale della tumà, dall’altro lato, è che si attingano i livelli più elevati. L’occultamento è solo esterno; come dice il noto detto chassidico: “tutte le cadute hanno come fine una maggiore ascesa”. Allo stesso modo, tutti gli occultamenti di D-o, tutti gli apparenti ostacoli, hanno come finalità una maggiore rivelazione. Quando l’anima discende in questo mondo, per esempio, per entrare in un corpo materiale, essa soffre per questa caduta incomparabile alla sua esistenza precedente, puramente spirituale. Il fine di questa sua discesa, d’altra parte, è che l’aníma stessa possa ascendere ancora più in alto nella sua comprensione di D-o e attingere una gerarchia ancora più alta di quella avuta prima di scendere in questo mondo. Essa può raggiungere quest’elevazione solamente attraverso il veicolo del corpo e il servizio di D-o in questo mondo fisico ed inferiore. Così, da un lato esiste pìù occultamento ed impurità in questo basso mondo materiale; da un altro solamente qui attraverso le lotte materiali, l’anima può salire più in alto.
A partire da questa spiegazione potremo capire meglio alcuni dei diversi aspetti compresi nel concetto d’impurità nell’ebraismo.
Prendiamo come esempio il ciclo mensile della donna. Tutti i mesi, vi è in lei un potenziale di santità capace di attivare il sublime potere spirituale della creazione, che attinge un apice nel suo corpo, un’ascensione. Quando questo potenziale non è realizzato, tramite il ciclo mestruale, e la kedushà si allontana, i residui, ora senza alcuna vita, sono rimossi dal corpo e per questo, questa discesa è suscettibile di tumà, culminando in uno stato temporaneo d’impurità, niddà. È importante ricordare che è proprio a causa dello alto livello di Divinità coinvolto nel processo creativo, che questa tumà può avvenire.
Ma di qui, nuovamente questa discesa verso niddà è con il proposito di una ascesa maggiore, tramite la purificazione nel mikvé ed un nuovo cielo di ascensione ad un livello più alto di kedushà nel mese seguente. Il mikvé rende la persona capace di raggiungere un livello più alto, di ascendere ancor più del mese precedente.
Con questo significato, il Mikvé ed il ciclo mensile della donna possono essere paragonati allo Shabbat ed al cielo settimanale di ciascun ebreo. Infatti l’alternanza del giorno santo dello Shabbat con i giorni mondani (feriali) della settimana è lo stesso ciclo di ascesa e discesa – ricominciando ogni sette giorni. I sei giorni mondani portano allo Shabbat, durante il quale il mondo si eleva, si purifica e ascende alla sua Fonte. E ciascun ebreo riceve allora un’anima addizionale che torna a perdere quando lo Shabbat finisce ed egli deve nuovamente discendere alle lotte della settimana entrante. Ciò nonostante, queste stesse lotte, che noi ingaggiamo durante i sei giorni, purificano sia noi che il mondo, si elevano durante lo Shabbat e ci rendono capaci di salire ogni volta più in alto, per tutta la settimana, in costante progressione.
Prendiamo un altro ciclo. L’alternanza quotidiana di sonno e veglia. In accordo con la legge ebraica, ogni persona al risveglio, deve lavarsi le mani per rimuovere lo spirito d’impurezza che aderisce ad esse durante il sonno. Quando dormiamo, c’è un allontanamento della Kedushà dal corpo – in quanto l’anima, ascende alla sua Fonte, sopra. Nuovamente, questo processo di riabbassamento e ricaduta naturale permette che l’impurezza s’installi. Al risveglio, le nostre mani sono in stato di tumà, questo è certo – ma esse non lo sono di più. Lo stesso vale per la tumà durante l’abbassamento naturale del ciclo mensile della donna. È il risultato dì un certo allontanamento dalla Kedushà, ma non è uno stato di degradazione o d’inferiorità.
Il Rebbe di Lubavitch, offre una spiegazione ancor più profonda della natura interiore di questi abbassamenti e discese. Dal momento che, egli dice, la discesa è di fatto una preparazione necessaria all’ascensione ed il suo proposito finale è l’elevazione, la discesa non è nient’altro che una parte della stessa ascesa.
Esteriormente, ha l’apparenza di una discesa, ma, interiormente, è realmente un’aspetto dell’ascesa come nell’esempio anteriore: il sonno ci dà forza al fine di elevarci ancora di più il giorno seguente facendo parte di questa stessa elevazione, anche se esteriormente può sembrare uno stato d’inferiorità del corpo.
Testi Gentilmente concessi dai vari autori .