Riportata alla luce una poesia di Lina Arianna Jenna
Autore di questo ritrovamento il Prof. Riccardo Mauroner che ci ha fornito il testo ( in immagine ) che pubblichiamo
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Riemerge dai fondali del tempo, dopo quasi 60 anni, una poesia pubblicata sul numero di novembre e dicembre della rivista “Vita Veronese” del 1966.
La pubblicazione viene presentata come “una voce che ritorna, quella indimenticabile di Lina Arianna Jenna, la squisita poetessa veronese finita negli immondi forni di Auschwitz.
La lirica reca il titolo Per i tiri dell’8 artiglieria a Tregnago (durante le esercitazioni dal 24 aprile al 24 Maggio 1915) e ci rimanda il ritmo cantante, la grazia del tocco leggero, l’incanto di stile inconfondibile della Nobilissima creatura. La poesia sinora era rimaste inedita e nota a pochissimi Amici “.
Di questa poesia si sono perse le tracce sino ad oggi: come non compariva nelle liriche del 1954 curate da Lionello Fiumi non è presente nella raccolta campioni senza valore nel 1996, splendidamente curata da Agostino Contò e Sergio Marinelli. Sappiamo tuttavia, da una nota di Contò, che questa poesia è stata letta alla Gran Guardia in un recital personale della poetessa insieme ad altre poesie in dialetto, “testi oggi in parte perduti”.
Nella poesia ritrovata, sbirciando a caso tra alcuni numeri che da tempo circolavano per casa, c’è il racconto trasfigurato di una giornata probabilmente passata seguendo le esercitazioni del fratello Ruggero che nella prima guerra mondiale guiderà con il grado di tenente la 933 batteria posizionata a Cima Mezzogiorno, in Lessinia, Settore sinistra Adige. La Valdadige!
Qualche anno dopo, i due fratelli la attraverseranno per l’ultima volta nel1944 quando saranno deportati e assassinati ad Auschwitz.
Nei versi, scritti in dialetto in quella lontana primavera del 1915, vibra tutto il paesaggio azzurro, arioso, luminoso di aprile; c’è lo sguardo di una poetessa e di una pittrice quale era Lina Arianna, un piccolo meticoloso album primaverile di versi e matite colorate.
Una voce sommessa mutevole, iridescente che scopre il miracolo anche in una farfalla o in una foglia al vento. Una schiarita fiabesca e ancora una vitalità di rinascita amorevolmente evocate proprio sfiorando un cannone che spara petali di rose, dentro un ventoso e sinistro paesaggio che la morte stava spegnendo.
Una nota di pace e di amore che, con ancora più forza, vorrei dedicare a tutto il popolo e la civiltà di Israele.
Riccardo Mauroner