Riconoscere il bene – Parashat Ha’azinu
di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele
Tradotto ed adattato da David Malamut
La Parasha di Ha’azinu, che leggeremo durante lo Shabbat prossimo, dopo aver festeggiato Rosh HaShanah consiste principalmente in un cantico di ammonimento e profezia che Mosè pronunciò ai figli di Israele poco prima della sua morte. In questa profezia, predice il loro futuro, un futuro in cui peccheranno e saranno puniti ma alla fine sopravviveranno alle difficoltà e si riprenderanno. In mezzo a queste parole, Mosè rimprovera i figli d’Israele con il seguente passaggio (Deuteronomio 32, 6):
<<Al Signore dunque rendete voi tale retribuzione? Oh popolo indegno ed insensato! Non è Egli il tuo padre, il quale ti fe’ suo [liberandoti dall’egizia schiavitù]? È egli che ti fece, e t’organizzò [cioè ti costituì una nazione bene organizzata].>>
Mosè rimprovera i figli d’Israele che non riescono a riconoscere la bontà conferita loro da Dio e, di conseguenza, possono peccare e adorare gli idoli. Li mette di fronte al nocciolo del peccato che tutti conosciamo: la mancanza di gratitudine.
In effetti, molti dei peccati che le persone commettono – sia quelli tra l’uomo e Dio, sia quelli tra l’uomo e i suoi prossimi – derivano da un atteggiamento che non riconosce la bontà che ci è stata conferita. È essenziale esaminare questo fenomeno e imparare come affrontarlo.
Quando parliamo di “mancanza di gratitudine”, spesso ci riferiamo a individui che attribuiscono i propri successi esclusivamente a sé stessi e non riescono a riconoscere l’aiuto degli altri. Questo è un tratto umano comune e c’è una spiegazione semplice. Quando ammettiamo di aver bisogno dell’aiuto degli altri, ciò potrebbe ferire il nostro orgoglio, facendoci sentire meno vincenti, dipendenti e non autosufficienti. Tuttavia, dobbiamo riconoscere e apprezzare sinceramente la bontà, la benevolenza e gentilezza che riceviamo, anche se questo riconoscimento può portare a disagio o influenzare la nostra immagine di noi stessi come individui indipendenti e di successo.
Tuttavia, esiste un caso più grave di ingratitudine quando una persona non riconosce alcuna bontà nella propria vita e si concentra esclusivamente sugli aspetti negativi. Questo atteggiamento affonda le sue radici nel perfezionismo, portando a soffermarsi su ciò che manca, anche se oggettivamente ciò che manca è minimo rispetto a tutti i vantaggi e la bontà che una persona ha meritato. Questa prospettiva fa sì che una persona accumuli sentimenti negativi riguardo al passato e al presente e sviluppi un atteggiamento pessimistico verso le possibilità di riparare le cose in futuro. Tuttavia, quando una persona riconosce il bene che ha, e tutti hanno del bene nella propria vita, e alcuni hanno molto bene, questo riconoscimento sviluppa sentimenti positivi e la persona diventa più ottimista, credendo nella possibilità di migliorare e avanzare.
La mancanza di gratitudine non è solo un peccato; è anche causa di problemi futuri. Al contrario, riconoscere la bontà e la generosità non solo rappresenta l’approccio giusto ma apre anche la porta a un futuro migliore. Quando Mosè rimprovera i figli d’Israele per la loro ingratitudine, li invita innanzitutto a riconoscere la bontà che hanno ricevuto da Dio.
Parashat Haazinu viene letto quest’anno, come negli altri anni, durante lo Shabbat tra Rosh HaShanah e Yom Kippur, noto come “Shabbat Shuvah” (lo Shabbat del Ritorno). Il nome deriva dall’Haftarah che inizia con le parole: “Ritorna, o Israele, al Signore tuo Dio”. Questa Haftarah si conclude con i seguenti versi (Gioele 2, 23; 26):
<<”E voi, figli di Sion, esultate e rallegratevi nel Signore, Iddio vostro… E voi godrete l’abbondanza, e loderete il nome del Signore Iddio vostro, che avrà per voi operato meraviglie…” >>
Una parte essenziale del percorso personale di shuvah di un individuo è riconoscere il bene che ha ricevuto, smettere di concentrarsi sugli aspetti negativi ed evidenziare gli aspetti positivi della propria vita. Il passo successivo è comprendere la fonte di questa bontà – Dio – e agire in base a questa consapevolezza con umiltà e gioia.