Rav Di Segni: Dal 7 ottobre passi indietro nel dialogo con la Chiesa
Pubblicato in Attualità il
Gli ebrei additati come vendicativi e senza pietà. La legittimità dello stato d’Israele messa in discussione. Mettere sullo stesso piano le stragi del 7 ottobre con chi sta cercando di eliminarne l’origine.
Dai livelli più alti del mondo cattolico, ha affermato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, sono arrivate in questi mesi “un miscuglio di dichiarazioni politiche e religiose che ci hanno reso perplessi e offesi”. Nella giornata dedicata al dialogo tra ebrei e cattolici, il rav ha sottolineato le molte contraddizioni nella Chiesa emerse dopo gli attacchi di Hamas e la guerra a Gaza. Teologi, cardinali, il patriarca latino di Gerusalemme fino al pontefice hanno mostrato, con gesti e parole, “una teologia regredita, un’incomprensione sostanziale della situazione. Sono stati fatti molti passi indietro nel dialogo ed è necessario riprendere il filo del discorso”.
Davanti alla platea della Pontificia Università Gregoriana, Di Segni ha analizzato il tema di questa edizione della giornata – il brano tratto dal libro del profeta Ezechiele: “Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere?” -, ma ha anche ribadito il malessere del mondo ebraico di fronte a diverse prese di posizione. “C’è la preghiera per la pace, ma non avete il monopolio della pace. La pace la vogliamo tutti, ma dipende da quale”, ha sottolineato il rabbino. La pace non può prescindere dalla sconfitta di Hamas “perché chi fa il male deve essere sconfitto, come accade con i nazisti nel 1945. E non si può accettare l’idea che la guerra sia di per sé una sconfitta per tutti”. Questo, ha aggiunto il rav, “non autorizza qualsiasi cosa, ma non si può mettere sullo stesso piano chi soffre un abuso incredibile e chi cerca di eliminare l’origine e la ripetizione di questo abuso”.
Al fianco di Di Segni, sono intervenuti Philipp Gabriel Renczes, decano della Facoltà di Teologia della Gregoriana, e Marco Gnavi, responsabile dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo. “Noi dobbiamo essere consapevoli che non rappresentiamo la Chiesa cattolica intera, siamo una nicchia”, ha ammesso Renczes, ribadendo l’impegno nella lotta all’antisemitismo e alle sue radici all’interno del mondo cattolico. “Il nostro impegno – ha aggiunto – è mantenere viva la fiamma della speranza e il nostro legame con il popolo d’Israele in modo che venga messo avanti nella Chiesa. Se non lo facciamo non sono sicuro che altri lo facciano”.
L’importanza di proseguire il dialogo è stata sottolineata anche dal vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giulio Disegni, protagonista di un incontro organizzato dall’università di Catania. Anche Disegni ha ribadito “l’impossibile equiparazione proposta anche dal papa tra chi attacca e chi reagisce. Alla luce di quanto accaduto, occorreva quest’anno una maggiore responsabilità nell’utilizzo delle parole. – ha affermato il vicepresidente Ucei – C’è un antisemitismo dilagante e alcuni concetti veicolati da esponenti della Chiesa in modo non corretto rappresentano un danno e un pericolo”.