Parashat Shemot
Shalom Chaverim,
Questa settimana e da questo Shabbat cominciamo a leggere il libro dell’Esodo. Nella nostra Parasha è stata effettivamente creata la nazione di Israele. La cosa sorprendente è che il primo a chiamare “popolo” i figli d’Israele, i discendenti di Giacobbe, è proprio e niente meno che il faraone, re d’Egitto (capitolo 1 versetto 9), con un’espressione di timore e di odio. Il faraone in realtà ci aiuta due volte: innanzitutto dà una definizione, un’identità a un gruppo di schiavi. E in secondo luogo, alleva nel suo palazzo e si prende cura di Mosè, il grande pastore del popolo d’Israele, nella sua creazione fisica e spirituale.
E nello stesso modo in cui Yosef disse ai sui fratelli nella precedente Parasha – il Faraone pensava il male, ma Hashem pensava il bene.
E l’ordine delle cose è questo – prima di tutto – un’identità forte di un popolo, un’identità che non è legata alla cultura, alla lingua o ad un luogo geografico specifico, ma appartenente ad una questione spirituale che passò da Abramo ad Isacco a Giacobbe. Nella seconda fase, la Torah è stata data come idea, come etica morale, come guida alla vita. Sviluppo dell’idea spirituale fino a includere un mondo intero, un grande mare, e ancora senza una definizione geografica fisica. E nella terza fase – la Terra d’Israele come terra del popolo ebraico. Questo ordine è importante ed essenziale per la comprensione. Colui chi lo confonde, sbaglia. Il Faraone, che definisce le basi della nostra identità, inizia una lunga storia di odio verso il popolo, che assume forme diverse nel corso della storia. E anche quando cerchiamo di sfuggire alla nostra identità, i nostri nemici ce la ricordano, come esordiva il Faraone.
Considerando la situazione che viviamo oggi, dobbiamo vedere cosa dicono i nostri nemici. Qual è la radice dell’odio – il primo piano – l’identità ebraica di base o il terzo piano – la terra.
Conoscere il problema è anche la chiave per affrontarlo.
Shabbat Shalom a tutti 🇮🇱🌻