Parashat Nasò
Commento di David Malamut – Consigliere e Assessore al culto
Nella Parasha di questa settimana, parasha di Naso’ (Numeri 4:21-7:89), si parla della benedizione dei Cohanim, le tre famose frasi.
Mi sono ricordato di un commento molto bello da parte di Rav Eliahu Birnbaum, ex-Rabbino Capo di Torino:
La differenza tra “Pace” e “Shalom”
“Che Dio volga su di te lo sguardo e ti conceda Shalom.” Questa è la benedizione che la nostra parashà mette sulla bocca dei cohanim, i sacerdoti, per tutto Israele.
“Shalom” non ha lo stesso significato di pace. Pace è la negazione della guerra, è uno stato di non violenza. Shalom, invece, proviene da “shalem”, da “shelemut”, che significano completezza ed integrità. Shalom, per essere tale, presuppone uno stato di tranquillità, sostegno, quiete, calma, concordia, armonia, amicizia. Il concetto di shalom lascia la sua manifestazione visibile nella realtà congiunturale, mentre pone le proprie radici più nel profondo, nel mondo dei sentimenti e delle attitudini vitali dell’uomo.
Il Talmud ci insegna che “il mondo si base su tre pilastri: la giustizia, la verità e lo shalom” e che Dio “creò il mondo affinché esistesse shalom tra gli uomini.” Colonna e fine dell’universo, lo shalom, è un referente cruciale nella vita ebraica.
La sfida più importante e difficile dello shalom è costituita dal suo stabilirsi all’interno della casa. La Torà permette il compimento di molte trasgressioni se queste valgono il prezzo dello shalom in famiglia, dato che nello shalom familiare si abbeverano forme più ampie di pace e di integrità.
L’inclinazione naturale dell’uomo suole portarlo all’esercizio della violenza: la necessità di conquistare, dominare, controllare, sono istinti umani che per il bene della pace dobbiamo trascendere e dominare. Di conseguenza è necessario raggiungere prima di tutto uno stato di pace interiore, per poterlo proiettare all’interno del nucleo familiare e solo allora, con la forza combinata di una collettività che ha una vocazione di armonia, potremo portare il nostro contributo allo shalom di tutta la società.
Per partecipare alla costruzione dello shalom, sia del proprio che di quello collettivo, si deve meritare “che Dio volga su di te lo sguardo con misericordia”, come recita la benedizione dei cohanim in questa nostra parashà. Se si vuole ottenere shalom, è necessario osservare, attendere e tendere verso il prossimo. Per quanto fugace, shalom è tanto vicino se lo si vuole ottenere nei momenti felici di ogni giorno, nella quotidianità della vita familiare, mentre è tanto lontano se lo si vive come utopia nelle realtà complesse e conflittuali: è un dilemma singolare la cui soluzione non si trova in nessun luogo al di fuori di noi stessi.>>
Shabbat Shalom a tutti!