Parashà Vayetzè: Il viaggio di maturazione di Giacobbe e la fede nell’oscurità
da Rav Tomer Corinaldi
La nostra parashà inizia con il viaggio di Giacobbe, in fuga dal fratello Esaù che vuole ucciderlo. Giacobbe, il “tam – innocente che dimorava nelle tende”, cresciuto sotto la protezione di sua madre, si trova improvvisamente costretto a lasciare la casa. In un attimo, il suo mondo cambia radicalmente, e si ritrova da solo, a vagare per settimane in territori ostili pieni di pericoli – bande di briganti, leoni e orsi, come descritto in altri contesti biblici.
Giacobbe deve intraprendere un rapido percorso di maturazione, sia fisica che spirituale. Deve sviluppare forza, diventare un uomo!
Ma soprattutto, deve rafforzare la sua resilienza spirituale – la sua fede.
In questa situazione di paura e oscurità, nel momento in cui l’oscurità più profonda lo avvolge, Giacobbe riceve una rivelazione divina nel sogno della scala. Proprio in questa dura realtà si manifesta la provvidenza divina, ed è lì che si esprime il patto, seguito da una fede incrollabile. I nostri saggi ci insegnano che fu Giacobbe a istituire la Preghiera notturna di Arvit, simbolo di fede che emerge proprio nei momenti di incertezza e sofferenza.
Il viaggio di Giacobbe continua quando deve affrontare il suocero Labano, un uomo astuto e manipolatore, che lo mette alla prova con lavoro duro e sfide di lealtà. In mezzo a queste difficoltà, Giacobbe prosegue il suo percorso di crescita personale. Dopo aver affrontato Esaù e le difficoltà del cammino, deve affrontare un inganno che lo costringe a lavorare per 14 anni per poter sposare la sua amata Rachele. E infine, combatte con l’angelo di Dio per ottenere il nome di Israele.
Da uomo tam, nel senso di innocente e legato a una spiritualità distaccata dal mondo materiale, Giacobbe diventa un “tam” nel senso più profondo – integro, completo e dotato di una fede profonda che cresce dal confronto con il mondo reale.
Non è un caso che leggiamo le parashot di Giacobbe e Yosef, figure che condividono un legame di fede e perseveranza, proprio nel periodo più buio dell’anno, nel mese di Kislev, quando la luce diminuisce e la notte si allunga.
Proprio come Giacobbe lottò con l’angelo e ne uscì rafforzato, integro nella fede, e ottenne il nome “Israele”, così la festa di Chanukkà simboleggia la vittoria della luce sull’oscurità, il confronto con le sfide spirituali e fisiche, e il collegamento al soprannaturale e all’eternità del popolo ebraico.
Chanukkà ci ricorda la vittoria della fede sull’oscurità, la capacità di vedere la luce divina anche nei momenti più difficili. Quest’anno, purtroppo, stiamo vivendo un’oscurità profonda. I nostri fratelli e sorelle sono prigionieri, nell’oscurità, da giorni interminabili nei tunnel di Gaza, lontani dalla luce del sole.
Come Giacobbe, dobbiamo credere.
Credere che il bene arriverà,
che presto tutti gli ostaggi torneranno alle loro famiglie,
che usciremo dall’oscurità verso la luce, e continueremo a portare la luce eterna del popolo ebraico, illuminando prima di tutto noi stessi, e poi il mondo intero che ci osserva.
Shabbat Shalom a tutti 🇮🇱🎗️🌟