Parashà Vaishlach

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

Da rav Tomer Corinaldi

Nella nostra Parashà Vaishlach troviamo un verso che rappresenta una chiave fondamentale per comprendere l’essenza dell’ebraismo. Questo verso appare dopo la lotta con l’uomo divino, mentre attraversava il Giordano verso la terra di Israele:
“Disse: Il tuo nome non sarà più Ya’akòv, bensì Israèl, poiché hai prevalso su esseri divini e su persone e hai sopraffatti!” (Bereshit 32,28).

Il Kedushat Levi, opera del grande Rabbi chassidico Levi Yitzchak di Berdichev, noto come “l’avvocato difensore del popolo d’Israele,” ci offre una spiegazione straordinaria:

Ci sono persone che restano connesse a Dio con il loro pensiero quando studiano la Torah o osservano le mitzvot, ma non riescono a mantenere questa connessione quando interagiscono con altre persone o si occupano delle questioni quotidiane. E poi ci sono persone la cui connessione e dedizione a Dio pervadono ogni aspetto della loro vita: quando si coricano, quando si alzano, nel lavoro, nei rapporti umani, nel loro cammino e in tutti i cerchi della vita.

Ci sono persone per le quali la spiritualità è un modo per sfuggire alla vita. Il nome Israèl ci guida invece a comprendere che la spiritualità è il mezzo per gestire la vita e, anzi, per crescere e svilupparsi attraverso le sfide e gli ostacoli della vita, inclusi i conflitti e le difficoltà.

Il sogno di Ya’akòv, in cui vedeva una scala che univa la terra al cielo, è la chiave di questa trasformazione. Questo collegamento si realizza affrontando le difficoltà e le sfide della vita, poiché è proprio dalle sfide e dagli ostacoli che nascono la crescita e il cambiamento.

La fede di Ya’akòv, grazie alla quale ha ricevuto il nome Israèl, si è rafforzata proprio attraverso tutte le prove e le lotte che ha affrontato. Questo tipo di spiritualità non esiste nei mondi superiori, nel regno degli angeli. È una forza unica riservata agli esseri umani: la forza della Teshuva (ritorno) e del Tikkun (riparazione).

Noi, i figli d’Israele,
dobbiamo aspirare a seguire la via di Ya’akòv Israèl, nostro padre, e accendere l’oscurità interiore ed esteriore con le candele eterne che portiamo nelle nostre mani e nei nostri cuori.

Shabbat Shalom a tutti 🇮🇱🌟🎗️

Ci sono persone che restano connesse a Dio con il loro pensiero quando studiano la Torah o osservano le mitzvot, ma non riescono a mantenere questa connessione quando interagiscono con altre persone o si occupano delle questioni quotidiane. E poi ci sono persone la cui connessione e dedizione a Dio pervadono ogni aspetto della loro vita: quando si coricano, quando si alzano, nel lavoro, nei rapporti umani, nel loro cammino e in tutti i cerchi della vita.

Ci sono persone per le quali la spiritualità è un modo per sfuggire alla vita. Il nome Israèl ci guida invece a comprendere che la spiritualità è il mezzo per gestire la vita e, anzi, per crescere e svilupparsi attraverso le sfide e gli ostacoli della vita, inclusi i conflitti e le difficoltà.

Il sogno di Ya’akòv, in cui vedeva una scala che univa la terra al cielo, è la chiave di questa trasformazione. Questo collegamento si realizza affrontando le difficoltà e le sfide della vita, poiché è proprio dalle sfide e dagli ostacoli che nascono la crescita e il cambiamento.

La fede di Ya’akòv, grazie alla quale ha ricevuto il nome Israèl, si è rafforzata proprio attraverso tutte le prove e le lotte che ha affrontato. Questo tipo di spiritualità non esiste nei mondi superiori, nel regno degli angeli. È una forza unica riservata agli esseri umani: la forza della Teshuva (ritorno) e del Tikkun (riparazione).

Noi, i figli d’Israele,
dobbiamo aspirare a seguire la via di Ya’akòv Israèl, nostro padre, e accendere l’oscurità interiore ed esteriore con le candele eterne che portiamo nelle nostre mani e nei nostri cuori.

Shabbat Shalom a tutti 🇮🇱🌟🎗️

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