L’usanza che rifiutò di morire – Parashat Yitro
di Rabbino Lord Jonathan Sacks zt”l
tradotto ed adattato da David Malamut
C’è una storia avvincente sui Dieci Comandamenti e sul ruolo che hanno avuto nella religione ebraica e nella sinagoga.
Si comincia con un fatto poco noto. C’è stato un tempo in cui non c’erano i tre paragrafi nella preghiera che chiamiamo Shema che conosciamo oggi, ma addirittura quattro. La Mishnah Tamid (5, 1) ci dice che ai tempi del Tempio i sacerdoti officianti recitavano prima i Dieci Comandamenti e poi i tre paragrafi dello Shema.
Abbiamo diverse prove indipendenti per questo. Il primo è costituito da quattro frammenti di papiro acquisiti in Egitto nel 1898 dall’allora segretario della Società di Archeologia Biblica, W.L. Nash. Messi insieme e situati oggi nella Biblioteca dell’Università di Cambridge, sono conosciuti come il Papiro Nash. Risalenti al II secolo p.e.v., contengono una versione dei Dieci Comandamenti, immediatamente seguita dallo Shema. Quasi certamente il papiro veniva utilizzato per la preghiera in una sinagoga egiziana prima della nascita del cristianesimo, in un’epoca in cui l’usanza era di comprendere tutti e quattro i paragrafi.
I Tefillin del periodo del Secondo Tempio, scoperti nelle grotte di Qumran insieme ai Rotoli del Mar Morto, contenevano i Dieci Comandamenti. In effetti, una lunga sezione del Midrash halachico sul Deuteronomio, il Sifri, è dedicata a dimostrare che non dovremmo includere i Dieci Comandamenti nei tefillin, il che suggerisce che c’erano alcuni ebrei che lo facevano, e i rabbini dovevano essere in grado di dimostrare che avevano torto.
Abbiamo anche prove sia dal Talmud babilonese (Bavli, trattato di Brachot a pagina 12a) che dal Talmud di Gerusalemme (Yerushalmi trattato di Brachot 1, 8) che c’erano comunità in Israele e Babilonia che cercavano di introdurre i Dieci Comandamenti nelle preghiere, e che i rabbini dovettero emettere una sentenza contro tale pratica. Esistono anche prove documentali che la comunità ebraica di Fostat, vicino al Cairo, conservava nell’Arca un rotolo speciale chiamato Sefer al-Shir, che tiravano fuori dopo la conclusione delle preghiere quotidiane e leggevano da esso i Dieci Comandamenti.
Quindi l’usanza di includere i Dieci Comandamenti come parte dello Shema era un tempo molto diffusa, ma da un certo momento in poi venne sistematicamente osteggiata dai Saggi. Perché si sono opposti? Sia il Talmud babilonese che quello gerosolimitano affermano che ciò fu dovuto alla “pretesa dei settari”.
I settari ebrei, alcuni li identificano come un gruppo di primi cristiani ma non ci sono prove convincenti a riguardo, sostenevano che solo i Dieci Comandamenti erano vincolanti, perché solo loro erano stati ricevuti dagli Israeliti direttamente da Dio sul Monte Sinai. Gli altri furono ricevuti tramite Mosè, e questa setta, o forse parecchi di loro, ritenevano che non provenissero da Dio. Erano un’invenzione di Mosè e quindi non vincolanti.
C’è un Midrash che ci dà un’idea di ciò che dicevano i settari. Vediamo Korach e dei suoi seguaci, che si ribellarono a Mosè, dire queste parole:
<<Tutta la congregazione è santa. Siete voi [Mosè e Aronne] gli unici ad essere santi? Tutti noi siamo stati santificati al Sinai. . . e quando furono dati i Dieci Comandamenti, non vi fu menzione di challah o terumah o decime o tzitzit. Hai inventato tutto da solo.>> (Yalkut Shimoni Korach 752)
Quindi i rabbini erano contrari a qualsiasi usanza che desse particolare risalto ai Dieci Comandamenti poiché i settari additavano tali usanze come prova che anche gli ebrei ortodossi li trattavano diversamente dagli altri comandamenti. Rimuovendoli dal libro di preghiere, i rabbini speravano di mettere a tacere tali affermazioni.
Ma la storia non finisce qui. I Dieci Comandamenti erano così speciali per gli ebrei che essi ritrovarono la via del ritorno. Il rabbino Jacob ben Asher, autore del Tur (XIV secolo), suggerì di dirli in privato. Il rabbino Joseph Karo sostiene che il divieto si applica solo alla recitazione pubblica dei Dieci Comandamenti durante la funzione; quindi, potrebbero essere recitati in privato dopo la funzione. È lì che li trovi oggi nella maggior parte dei siddurim, subito dopo il servizio mattutino. Rabbi Shlomo Luria aveva l’abitudine di leggere i Dieci Comandamenti all’inizio della preghiera, prima dell’inizio di Pesukei de-Zimra, i Versetti di Lode.
Questa non era la fine della discussione. Dato che non diciamo i Dieci Comandamenti durante la preghiera pubblica, non dovremmo comunque dare loro un onore speciale quando li leggiamo dalla Torah, sia a Shavuot che nelle settimane di Parshat Yitro e Parshat Vaetchanan? Dovremmo alzarci mentre vengono letti?
Maimonide si trovò coinvolto in una controversia su questa questione. Qualcuno gli scrisse una lettera raccontando la seguente storia. Faceva parte di una sinagoga dove originariamente era usanza stare in piedi durante la lettura dei Dieci Comandamenti. Poi venne un rabbino e stabilì il contrario, dicendo che era sbagliato alzarsi in piedi per lo stesso motivo per cui era proibito recitare i Dieci Comandamenti durante la preghiera pubblica. Potrebbe essere usato da settari, eretici e altri per affermare che anche gli stessi ebrei ritenevano che i Dieci Comandamenti fossero più importanti degli altri 603. Quindi la comunità smise di stare in piedi durante la lettura di Dieci Comandamenti. Anni dopo arrivò un altro rabbino, questa volta da una comunità dove c’era l’usanza di stare in piedi durante la lettura dei Dieci Comandamenti. Il nuovo rabbino si alzò e disse alla congregazione di fare altrettanto. Alcuni lo hanno fatto, altri no, poiché il loro precedente rabbino si era pronunciato contro. Chi aveva ragione?
Maimonide non aveva dubbi. Aveva ragione il rabbino precedente, quello che aveva detto loro di non alzarsi. Anche il suo ragionamento era corretto. Proprio la logica che lo escludeva dalle preghiere quotidiane dovrebbe essere applicata alla lettura della Torah. Non dovrebbe essergli dato particolare risalto. La comunità dovrebbe restare seduta. Così governò Maimonide, il più grande rabbino del Medioevo. Tuttavia, a volte anche i grandi rabbini hanno difficoltà a persuadere le comunità a cambiare. Allora, come oggi, la maggior parte delle comunità, anche quelle dell’Egitto di Maimonide, stavano in piedi mentre venivano letti i Dieci Comandamenti.
Quindi, nonostante i forti tentativi da parte dei Saggi, al tempo della Mishnah, della Gemara, e più tardi nell’epoca di Maimonide, di vietare qualsiasi usanza che desse speciale attenzione ai Dieci Comandamenti, sia come preghiera che, come lettura biblica, gli ebrei continuarono a trovare modi per farlo. Lo riportarono nella preghiera quotidiana recitandolo in privato e al di fuori del servizio obbligatorio, e continuarono a stare in piedi mentre veniva letto dalla Torah nonostante la sentenza di Maimonide che non dovessero farlo.
“Lasciate stare Israele”, disse Hillel, “perché anche se non sono profeti, sono pur sempre figli di profeti”. Gli ebrei comuni avevano una passione per i Dieci Comandamenti. Erano l’essenza distillata del giudaismo. Sono stati ascoltati direttamente dal popolo dalla bocca di Dio stesso. Costituivano la base dell’alleanza stipulata con Dio sul Monte Sinai, invitandoli a diventare un regno di sacerdoti e una nazione santa. Per due volte nella Torah sono descritti come il patto stesso:
<< Indi il Signore disse a Mosè: Scriviti questi comandamenti, poiché sulla base di questi comandamenti stabilisco alleanza con te e con Israel. E (Mosè) fu ivi col Signore quaranta giorni e quaranta notti, pane non mangiò ed acqua non bevette; e (il Signore) scrisse sulle tavole le parole del patto, (cioè) i dieci comandamenti. >> (Esodo 34, 27-28)
<< Ed il Signore vi parlò di mezzo al fuoco; e voi udivate il suono delle parole, e non percepivate alcuna figura, ma soltanto una voce. Egli vi espose il suo patto, che vi comando d’eseguire, (cioè) i dieci comandamenti; indi gli scrisse sopra due tavole di pietra. >> (Deuteronomio 4, 12-13)
Ecco perché furono dette originariamente immediatamente prima dello Shema, e perché nonostante la loro eliminazione dalle preghiere gli ebrei continuarono a recitarle – perché la loro recitazione costituiva un rinnovamento quotidiano dell’alleanza con Dio. Anche questo è il motivo per cui gli ebrei insistevano a stare in piedi quando veniva letta la Torah, perché quando veniva loro data, gli israeliti “ed essi si posero appiè del monte.” (Esodo 19, 17). Il Midrash dice in riguardo alla lettura dei Dieci Comandamenti a Shavuot:
<<Il Santo sia benedetto disse agli Israeliti: Figli miei, leggete ogni anno questo brano e ve lo spiegherò come se steste davanti al monte Sinai e riceveste la Torah.>> (Pesikta de-Rav Kahana 12, ed. Mandelbaum, p. 204)
Gli ebrei continuavano a cercare modi per ricreare quella scena, stando in piedi mentre ascoltavano la Torah e recitandola in privato dopo la fine delle preghiere del mattino. Nonostante sapessero che i loro atti avrebbero potuto essere fraintesi dagli eretici, erano troppo attaccati a quella grande epifania, l’unica volta nella storia in cui Dio parlò a un intero popolo, per trattarla come qualsiasi altro passaggio della Torah. L’onore dato ai Dieci Comandamenti era l’usanza di rifiutarsi di morire.