L’eterna chiamata della fede ebraica –  Parshat Va’Etchanan

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

tradotto ed adattato da David Malamut

Nella Parashat Va’etchanan leggiamo la conclusione del primo discorso di Mosè mentre si prepara a separarsi dal popolo nel quarantesimo anno del loro peregrinaggio, viaggio nel deserto. Mosè poi inizia un altro discorso, noto come “il Discorso dei Comandamenti”. Il primo argomento menzionato da Mosè in questo lungo discorso è il Ma’amad har Sinai (ai piedi del Monte Sinai, quando gli israeliti ricevettero la Torah e i dieci comandamenti). Mosè descrive vividamente l’esperienza maestosa e travolgente della rivelazione divina e ripete i Dieci Comandamenti dati durante quell’evento.

Successivamente, nell’ambito del Discorso dei Comandamenti, Mosè recita il più famoso testo biblico: “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”. Questa frase è diventata l’eterno appello del popolo ebraico attraverso le generazioni. Viene recitato quando un padre introduce suo figlio nel patto della circoncisione e durante il momento culminante della preghiera di chiusura dello Yom Kippur. È stato pronunciato da ebrei pochi istanti prima di dare la vita per la santificazione del nome di Dio e, più recentemente, è stato utilizzato dalle forze dell’esercito israeliano (l’IDF) per identificarsi con gli ebrei che si nascondevano dai terroristi di Hamas nelle comunità vicino a Gaza a Simchat Torah, il 7 ottobre 2023.

Cosa c’è in questa frase che l’ha resa “L’appello” (con la “l” maiuscola, come si dice in italiano) essendo quella che esprime la fede di Israele e rappresenta l’esistenza eterna del popolo ebraico? Qual è, infatti, il significato letterale di queste parole?

Per migliaia di anni, commentatori e studiosi hanno scritto di “Shema Yisrael” (שְׁמַע יִשְׂרָאֵל). Già nella Mishnah, il primo testo rabbinico, i saggi definivano “Shema Yisrael” come un testo il cui significato è “accettare il giogo del cielo”. Gli studiosi di tutte le generazioni hanno ulteriormente affinato queste distinzioni. Cerchiamo di dare il nostro contributo alla luce dei grandi studiosi del tempo.

Shema Yisrael” – in origine, questa era la chiamata di Mosè al popolo di Israele che stava davanti a lui e ascoltava il suo discorso. Non si tratta, infatti, di udito in senso stretto ma, come lo definirono i saggi, “ascolto del cuore”, un ascolto interiore con piena attenzione, un tipo di ascolto che comporta una profonda interiorizzazione del contenuto. Il re Salomone chiese a Dio (1° libro dei Re 3, 9): “Concedi adunque al tuo servo un animo intelligente per giudicare il tuo popolo, per discernere tra il bene e il male [tra la ragione ed il torto], perocchè chi potrebbe [non ajutato da te] giudicare questo popolo numeroso.”. Questo è il tipo di ascolto che Mosè intendeva, e anche noi, quando diciamo “Shema Yisrael”, ci rivolgiamo a noi stessi e all’intero popolo di Israele: “Ascolta!”

“Il Signore” – il Tetragramma (יהוה) è il “nome proprio” di Dio. A differenza di altri nomi che possono essere usati anche per l’idolatria o anche per gli esseri umani (ad esempio, il nome “Elohim” (אֱלֹהִים) è usato anche nel contesto di “altri dei”, che significa idoli; e come titolo per i giudici), il Tetragramma non è mai usato per qualsiasi altro scopo tranne che come nome proprio di Dio. Quando diciamo: “Il Signore è il nostro Dio”, stiamo affermando una frase che significa che il Signore, il Tetragramma, ha il ruolo di “nostro Dio”. Ma cosa significa questo?

Da un commento incidentale del famoso commentatore della Torah Rashi, apprendiamo che l’impegno di Dio nei confronti di Abramo come compare nella Parasha di Lech-lecha, (Genesi 17, 7), “per essere il Dio (tutelare) di te, e della tua discendenza dopo di te.”, è definito come “un patto d’amore”. Quando diciamo che il Signore è “il nostro Dio”, esprimiamo la nostra fiducia nell’amore di Dio per il popolo di Israele, nella protezione eterna che Egli fornisce al popolo e nella Sua divina provvidenza.

E la frase continua: “Il Signore è Uno”. Questa unità va vista in senso filosofico: Dio non è composto di parti; È “uno”, in senso di “unificato” in un modo che non possiamo comprendere. Ma significa anche la Sua unicità. Egli è l’unico Dio e non c’è nessuno oltre a Lui; come disse il re Davide nella sua preghiera (2° libro di Samuele 7, 22): “Sì, non v’ha come te, né v’ha fuori di te altro Dio“.

Pertanto, il significato, o almeno uno dei significati, della frase “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno” è questo: Ascolta e interiorizza, Israele! Il Signore ci ama e veglia su di noi e, nessuno può competere con Lui, interferire con Lui o impedirGli di farlo.

Questa è una dichiarazione di forte fede e completa fiducia nella divina provvidenza. È diventata la dichiarazione di fede ebraica. Da questa dichiarazione di fede emerge il successivo comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”.

La fede genera amore e devozione.

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