La santità della famiglia – Parashat Acharei Mot
di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele
tradotto ed adattato da David Malamut
L’ultima parte della parasha di Acharei Mot, che verrà letta questo Shabbat, tratta dei divieti delle relazioni proibite, incesto per intenderci. Dopo un avvertimento introduttivo generale (Levitico 18:26): «Non deve alcuno di voi accostarsi ad alcuna carne del proprio corpo [cioè ad alcuna sua stretta consanguinea], a scoprirne le vergogne [cioè non dovete usare con alcuna vostra stretta congiunta, nè con chi fu moglie d’un vostro stretto parente poiché la moglie è riguardata quasi formante parte del marito].», leggiamo un elenco di donne con le quali all’uomo è vietato avere rapporti intimi (ovviamente, anche la donna è messa in guardia da tale azioni, ma gli avvertimenti in questa parte sono formulati come diretti all’uomo). Questo elenco include una madre, una matrigna, una sorella, una figlia, una nipote, una zia paterna, una zia materna, una nipote di zia/zio, una nuora, ecc. L’elenco si conclude con i divieti contro i rapporti tra due uomini e i rapporti con gli animali, ma prima compare un altro divieto (Levitico 18:21):
<<E della tua prole non devi dare per farne sacrifizio al Mòlech; locchè facendo, isonoreresti il nome del tuo Dio [cioè direbbero i popoli idolatri, gl’Israeliti conoscere l’inferiorità del proprio Dio, e perciò sacrificare a lui gli animali, e ad altre deità i proprj figliuoli]>>
“Molech” si riferisce a una forma di culto degli idoli che esisteva durante i tempi biblici, e la sua natura era particolarmente crudele al punto che è difficile descriverla a parole: i padri bruciavano vivi i loro figli in onore di questo idolo. Questo culto idolatra è descritto più volte nella Bibbia, in particolare nel contesto specifico di un palco allestito in onore di Molech vicino a Gerusalemme, nella valle chiamata “Geenna” (a sud del monte Sion), dove gli idolatri, tra cui alcuni provenienti dal Regno di Giuda, bruciavano i loro figli in un atto barbarico e orribile di crudeltà idolatra.
La domanda che sorge spontanea è: perché questo divieto compare nell’elenco dei divieti di relazioni da evitare assolutamente? Questa domanda impegnava già i saggi migliaia di anni fa, e la Mishnah registra un’interpretazione creativa derivante da questa perplessità. Secondo tale interpretazione, questo versetto utilizza il divieto di adorare Molech come allegoria del divieto di matrimonio con una donna che non è di origine ebraica. Tuttavia, i saggi della Mishnah rifiutarono questa interpretazione e affermarono che chiunque la interpreti in questo modo viene “messo a tacere con un pestaggio”, perché sradica il versetto dal suo significato letterale e rivela un aspetto della Torah che non è conforme alla legge ebraica.
Torniamo allora alla domanda: perché questo divieto, per quanto severo e terrificante, compare nell’elenco dei divieti delle relazioni proibite? Non si tratta di un divieto che appartiene a un altro regno, quello del culto degli idoli?
Il filo conduttore che collega il divieto di bruciare i bambini per Molech ai divieti di relazioni proibite è il danno alla famiglia. Il culto idolatrico di Molech, come accennato, prevedeva il rogo dei bambini vivi. Questo atto assomiglia ai divieti di relazioni proibite che danneggiano la santità e l’integrità della famiglia, il giusto ordine della vita familiare. La famiglia deve essere uno spazio pulito, sia dagli impulsi impuri che dai vari atti idolatrici.
A un livello più profondo, la stabilità della famiglia dipende dalla separazione tra essa e gli atti, apparentemente nascosti, che la danneggiano. L’estasi idolatra vissuta dagli uomini nell’antichità quando compivano l’atto terribile del rogo sacrificale dei bambini poteva sembrare loro una profonda esperienza religiosa di sacrificio di ciò che è più prezioso per amore del divino. Ma la Torah mette in contrasto questa esperienza e la identifica con un’altra esperienza estrema: quella delle relazioni intime all’interno della famiglia, un tabù in ogni cultura civilizzata che riconosce il valore della famiglia e la necessità di tenere a bada tali violazioni.
La santità della famiglia e il severo divieto di nuocerle, sia con atti minori di esposizione della nudità che con atti idolatrici, è un valore eterno che l’ebraismo promuove dalla notte dei tempi. Anche migliaia di anni dopo la consegna della Torah, dobbiamo ancora ricordare l’importanza della famiglia, la sua integrità e completezza.