La salvezza è vicina – Parashat Vayigash

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

tradotto ed adattato da David Malamut

Alla fine della parasha precedente, leggiamo del viaggio dei figli di Giacobbe in Egitto per acquistare cibo a causa della carestia in Canaan. Giuseppe, in carica di viceré d’Egitto e sorvegliante della distribuzione del cibo, incarica i suoi servi di riporre di nascosto una coppa nel sacco di Beniamino, il figlio più giovane. Dopo che i figli di Giacobbe si separano da Giuseppe, lui inscena la scoperta del calice rubato in possesso di Beniamino e chiede di prendere Beniamino come suo servitore.

Giuda si era impegnato con il padre Giacobbe a riportare Beniamino sano e salvo con una promessa chiara e risoluta:

<< Io ne sarò mallevadore, da me potrai esigerlo: s’io non tel riconduco, in guisa ch’ei rimanga presso di te, voglio essere (considerato) colpevole verso di te per tutta la vita.>> (Genesi 43, 9)

Ora, impotente e disperato, Giuda cerca di offrirsi come servo al posto di Beniamino, ma Giuseppe rifiuta. Beniamino rimane in custodia e Giuda non può sopportare il pensiero di tornare dal loro anziano padre, che attende con ansia delle notizie a casa.

Quando una persona si sente completamente disperata, quando la disperazione blocca metaforicamente la sua vista e ha la sensazione di soffocarla, può avere difficoltà a trovare anche il più debole barlume di luce che possa penetrare l’oscurità. Questa oscurità a volte può paralizzare una persona, impedendole di cercare aiuto o di agire, lasciandola congelata nella sua angoscia e preoccupazione.

Cosa fa un ebreo quando sembra non esserci alcuna via d’uscita? Parla con il Creatore. Il Midrash insegna:

<< “Allora Giuda si avvicinò a lui…” I nostri saggi dicono: ‘Avvicinati per pregare’, come è scritto, ‘il profeta Elia si fecce innanzi e disse: ‘Signore, Dio d’Abramo, Isacco ed Israel…’” (Primo libro dei Re 18, 36).>>(Midrash Rabba, Vayigash 93)

Da questa storia apprendiamo che la soluzione a sfide complesse non è sempre lontana. A volte basta aprire gli occhi per vedere che la salvezza è proprio davanti a noi. Ancora una piccola preghiera, un’altra buona azione e l’inimmaginabile può accadere, spesso molto prima di quanto ci aspettiamo.

In un solo istante tutto cambia. All’improvviso, Giuseppe non riesce più a contenere le sue emozioni. Libera la stanza da tutti gli estranei, guarda direttamente i suoi fratelli e dichiara:

<<Giuseppe allora disse ai suoi fratelli: Appressatevi di grazia me. – Eglino si appressarono, ed egli disse: Io son Giuseppe [אֲנִי יוֹסֵף] vostro fratello, che avete venduto (a chi viaggiava) verso l’Egitto.>> (Genesi 45, 4)

Due parole, solo due, e in un istante, la travolgente disperazione e la profonda tristezza si trasformano in un edificante senso di libertà, gioia e delizia. All’improvviso, tutto va bene!

La salvezza era così vicina a loro, eppure non se ne rendevano conto. In verità, nulla era cambiato rispetto al momento precedente: tutto è rimasto com’era. Ciò che è cambiato è stata la loro prospettiva: i loro occhi si sono aperti e hanno visto la salvezza che era stata lì da sempre.

Questa è la lezione insegnata dal Mei HaShiloach (Gran Rabbi Mordechai Yosef Leiner, detto l’“Ishbitzer”, fondatore della dinastia chassidica di Izbica, cittadina della Polonia sud orientale):

Nessuno si disperi mai, anche se sembra che la salvezza sia molto, molto lontana”.

Molte volte la salvezza non è affatto complicata. È già qui, proprio davanti ai nostri occhi. Tra un attimo l’oscurità scomparirà, il sole sorgerà e allora tutto il dolore, la sofferenza, la preoccupazione e la tristezza troveranno sollievo.

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