La persona che ricorda (di ricordare)Parashat Eikev
La persona che ricorda (di ricordare): una soluzione ai rischi di una società (troppo) prospera – Parashat Eikev
di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele
tradotto ed adattato da David Malamut
Nella Parashat Eikev, che fa parte del lungo discorso di Mosè, c’è un passaggio ben noto in cui Mosè mette in guardia la nazione di Israele dal peccato di arroganza che può derivare dal successo e dalla prosperità economica. Mosè descrive dettagliatamente l’abbondanza economica che attende gli Israeliti nella Terra d’Israele, nella quale stanno per entrare:
Perché tu non mangi e ti sazi, costruisca belle case e le abiti, e il tuo bestiame e le tue pecore non si moltiplichino, e l’argento e l’oro non aumentino per te, e tutto ciò che possiedi non aumenti.
Sembra meraviglioso. Cosa potrebbe andare storto in una vita così prospera? Cosa c’è di sbagliato nel godere dei frutti del proprio lavoro in una vita così bella e piena di abbondanza? Si scopre che anche una vita ricca comporta dei rischi (Deuteronomio 8, 12-17):
<<Che, vivendo nell’abbondanza, e buone case edificando ed abitando; Ed il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicandosi, ed acquistando tu in grande quantità argento ed oro, e moltiplicandosi ogni tuo avere; Il tuo cuore non insuperbisca, e tu ponga in obblìo il Signore, Iddio tuo, che ti trasse dalla terra d’Egitto, da quella (ch’era per voi) casa di schiavi; Il quale ti fece viaggiare pel deserto grande e terribile, (per luoghi) di serpenti, Sarafi e scorpioni; luoghi aridi, dove non è acqua; il quale ti fece sgorgare l’acqua dalla rupe del macigno; Il quale nel deserto ti diede a mangiare la Manna, ignota ai padri tuoi; per farti soffrire delle privazioni, e per isperimentarti, per farti felice nel tuo avvenire. E tu dica nel tuo cuore: La mia forza ed il vigore della mia mano m’hanno procacciata questa prosperità.>>
La prosperità può portare all’oblio. Una persona di successo rischia di dimenticare da dove viene, chi l’ha aiutata lungo il percorso, chi l’ha rialzata quando è caduta e quali sfide ha dovuto affrontare prima di raggiungere il successo. Questa dimenticanza è pericolosa innanzitutto per l’individuo, ma anche per la società nel suo insieme. Una persona che dice nel suo cuore: “Il mio potere e la forza della mia mano mi hanno procurato questa ricchezza”, si riempie di orgoglio e compiacimento, trasformandosi in un narcisista. Smettono di vedere gli altri, non mostrano gratitudine, trascurano l’interesse per il benessere della società e, in casi estremi, quando sembra che il loro interesse personale sia in conflitto con l’interesse sociale, possono persino danneggiare e tradire la società.
Una società (troppo) prospera è una società a rischio. Mosè è preoccupato per questo. Verso la fine del Libro del Deuteronomio, Mosè recita al popolo di Israele il “Canto di Ha’azinu”, dove esprime ancora una volta questa preoccupazione con parole vivide (Deuteronomio 32, 13-15):
<<Gli fece sormontare i siti più elevati [cioè espugnare le fortezze], e godere il prodotto dei campi: gli fe’ succhiar miele dal sasso, ed olio dal duro macigno. Crema vaccina, e latte pecorino, e grasso d’agnelli, montoni del Basciàn e capri, e pingue midollo di frumento; e sangue d’uva, rosso vino bevesti. Ma Jesciurùn [Israel], impinguato, calcitrò – divenisti crasso, grosso, ottuso – e lasciò il Dio che lo fece, ed oltraggiò il Forte ch’era la sua salvezza.>>
Come affrontiamo questo rischio? Mosè offre una soluzione: attraverso richiami costanti (Deuteronomio 8, 18).
<<Ma ti ricorderai del Signore, Iddio tuo, che (cioè) è egli che ti dà la forza di prosperare, per attenere la promessa che ha giurata ai padri tuoi, come in oggi avviene [cioè dopo la disfatta di Sihhòn e d’Og, la divina promessa mostravasi in parte effettuata].>>
La persona che ricorda è una persona che ha un morale. La persona che ricorda non sprofonda nell’autocompiacimento, nell’orgoglio e nel narcisismo. La memoria pone davanti alla persona un fatto semplice: nessuno di noi, assolutamente nessuno, potrebbe farcela senza l’aiuto – sia esso l’aiuto di Dio, conosciuto nel giudaismo come “aiuto celeste”, o l’aiuto di altre persone.
Nessuno di noi ha creato le proprie capacità da solo, e nessuno ci è riuscito senza il supporto di almeno una persona che ci ha creduto e talvolta le ha supportate anche in altri modi. È vero, non esiste successo senza il duro lavoro che lo ha preceduto, ma chi ci ha dato la forza di lavorare? Chi ci ha concesso le competenze adeguate? Chi ha fatto scattare nella nostra mente l’idea di successo?
Una persona che ricorda coloro che l’hanno aiutata lungo il cammino, sia l’aiuto divino che quello umano, è una persona migliore. Una persona che porta con sé questi ricordi vorrà continuare la catena della gentilezza e garantire anche agli altri l’opportunità di successo.