La differenza tra vedere e sentire – Parashat Ki Tisa
di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele
Tradotto ed adattato da David Malamut
Mosè non pensava che fosse possibile vedere Dio, in senso di “vedere” nell’interpretazione letterale, senza andare oltre. Mosè ha sempre cercato ad arrivare ad una conquista intellettuale oltre alle capacità umane.
La storia al centro della parasha di questa settimana, la Parasha di Ki Tisa, è la storia del “Peccato del vitello d’oro”. Questa triste storia è avvenuta poco dopo l’evento conosciuto come “Ma’amad har Sinai” che abbiamo visto qualche settimana fa nella parasha di Yitro, dove Dio stabilì un patto eterno con il popolo di Israele, un patto incentrato sull’impegno reciproco (Esodo 19, 5): “…dunque se m’ubbidirete, ed osserverete il mio patto [la mia legge], sarete il mio tesoro fra tutt’i popoli.”, o come presente più tardi nel Levitico 26, 12: “…e sarò il vostro Dio (tutelare), e voi sarete il mio popolo.”
La condizione fondamentale per l’esistenza di questa alleanza è la proibizione dell’idolatria. Eppure, solo quaranta giorni dopo “Ma’amad har Sinai”, quando gli Israeliti temettero che Mosè fosse scomparso, crearono un vitello d’oro e danzarono davanti ad esso, proclamando (Esodo 32, 4): “Quest’è [cioè rappresenta] il tuo Dio, o Israel”. Quando Mosè scese dalla montagna e fu testimone di questo evento, spezzò le tavole dell’alleanza ricevute da Dio, punì coloro che presero l’iniziativa del peccato e intercedette presso Dio per perdonare il popolo per avere realizzato il vitello come simbolo dell’idolatria.
L’ultima parte della parasha descrive un dialogo tra Mosè e Dio in cui Mosè cerca il perdono per il popolo e, oltre a ciò, fa una sorprendente richiesta a Dio (Esodo 33, 18): “E (Mosè) disse: Fammi di grazia vedere la tua Maestà [in segno di solenne promessa]”, come fatto in Genesi XV. Mosè chiede di vedere Dio! La risposta risoluta che riceve Mosè è (Esodo 33, 20): “E soggiunse: Non potrai vedermi in faccia [vedere cioè la parte anteriore dell’apparizione], poiché non può l’uomo vedermi e restare in vita.”
Nel corso degli anni, i saggi hanno spiegato che Mosè non si aspettava di vedere letteralmente Dio. Cercava un’elevazione intellettuale oltre alle capacità umane, ma Dio gli spiegò che l’uomo non può ascendere a tali altezze. Finché l’uomo vive, è limitato non solo nelle sue capacità fisiche ma anche in quelle intellettuali. Un livello così elevato di comprensione intellettuale non può essere raggiunto.
Perché la “comprensione intellettuale” è paragonata specificamente al senso della vista? Attraverso la vista, l’uomo non può cogliere l’essenza di una cosa ma solo il suo aspetto esterno, l’involucro. Quindi, nel guardare una persona, non vediamo la sua essenza, il suo carattere, o le sue qualità, ma solo il suo aspetto esteriore. Allo stesso modo, la comprensione intellettuale dell’uomo non è in grado di cogliere l’essenza delle cose ma solo le definizioni, ovvero la struttura esterna della cosa.
La Torah offre un altro modo per “incontrare Dio”: “Shema Israel” (Ascolta, o Israele). L’udito è un senso più profondo della vista. Quando sentiamo parlare qualcuno, siamo in grado di comprenderne l’essenza. Quando ascoltiamo la musica, siamo elevati a un’esperienza profonda che non possiamo raggiungere solo con la vista. L’uomo che aspira a un incontro profondo con Dio non può farlo solo attraverso l’intelletto ma attraverso l’udito – ascoltando la legge, ascoltando la verità, ascoltando e obbedendo.
Così Mosè descrisse l’accaduto nel Ma’amad har Sinai, come vissuto dal popolo (Deuteronomio 4, 12):
<<“e voi udivate il suono delle parole, e non percepivate alcuna figura, ma soltanto una voce.”>>
Sul Monte Sinai tutto Israele udì la rivelazione di Dio attraverso i Dieci Comandamenti, ma non Lo videro. C’era una nuvola e una fitta nebbia sulla montagna, da cui proveniva la voce.
Ed è questo che aveva portato al peccato del vitello d’oro. Il popolo, vissuto per centinaia di anni in Egitto tra gli idolatri, ha faticato a adattarsi a una fede astratta, a un Dio che non si poteva vedere. Alla prima occasione, crearono un vitello che simboleggiava per loro l’opera divina. Un vitello è di certo un oggetto tangibile che poteva essere visto e toccato.
In effetti, una persona che cerca un’esperienza religiosa può ricorrere a varie esperienze estatiche che lo portano a un sentimento di realizzazione divina. Ma questo è un errore. L’unico Dio, il Dio di Israele, non si aspetta nulla dall’uomo se non una cosa, secondo le parole del profeta Michea (Michea 6, 8):
<<“Non t’ha egli alcuno (risponde il profeta) spiegato che cosa è il bene? e che cosa il Signore chiede da te? (Null’altro) se non se praticare la giustizia, ed amare la misericordia, e tenere un umile contegno verso il tuo Dio”>>
Giustizia, gentilezza e umiltà sono le qualità che portano l’uomo a un vero incontro con Dio.