La città macchina
Un film sulla Verona del 900.
Tra le interviste nel film una contributo di Valeria Rainoldi su Ettore Fagiuoli e il suo intervento in Sinagoga ed ex ghetto.
IL FILM
Alessandro Preziosi interpreta il personaggio di un fotografo che tenta di fissare un’immagine della città di Verona che scopre essere, grazie a numerose testimonianze, una realtà urbana in continua evoluzione tra tradizione e innovazione.
Un nuovo capitolo di “Italia Novecento” che sviluppa il concetto di città come macchina.
Di fronte ad un titolo come La città macchina viene da chiedersi quale ne sia il significato profondo. Ci viene chiarito nel corso della visione e può essere utile tenerlo come elemento di riferimento. La città è una macchina di ricerca continua tra passato, presente e futuro possibile. Qui viene attraversata da un’auto guidata da una donna che rinvia ad un’opera pittorica che è diventata uno dei simboli del futurismo. Gli interventi di architetti, studiosi di urbanistica ed altri ricercatori consentono di intervenire su Verona che viene scelta non come un unicum ma come città modello per altre possibili esplorazioni.
Si parte dalla famosissima Arena per poi non occuparsene più perché ciò che sta al centro dell’inchiesta non è l’aspetto turistico ma piuttosto quello di una quotidianità che ha visto attuarsi nell’ambito del secolo scorso, innumerevoli mutamenti (ivi compreso uno spostamento di sede) che hanno influito sul contesto sociale. Anche se c’è chi denuncia la presenza dell’aspetto deteriore del provincialismo di fatto basta alzare (od abbassare se si osserva dall’alto) lo sguardo per scoprire che ogni quartiere presenta edifici che hanno non solo una loro storia ma sono rappresentativi, ognuno per la sua parte, di differenti fasi della dinamica della città macchina in continua ricerca di nuove forme di espressione architettonica.
L’inseguimento del senso profondo che il fotografo compie studiando ed approfondendo per poi andare a posizionare il treppiede della sua macchina nel cuore di uno spazio urbano ci consente di riflettere su quanto spesso passiamo, ognuno nel proprio spazio abitativo, di fronte ad edifici che hanno contribuito a mutare il volto di una città non in modo eclatante ma sicuramente in maniera duratura. Richiedendo magari una mutazione d’uso ma restando come modelli di un passato che, nel momento della loro edificazione, guardava al futuro.