Iran minimizza presunto contrattacco d’Israele
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La risposta d’Israele all’attacco iraniano è arrivata. Un sito militare nella città iraniana di Isfahan è stato colpito nella notte. E sembra che l’operazione sia da ricondurre a un’iniziativa di Gerusalemme. Ora la preoccupazione internazionale è per uno scontro aperto tra le due potenze. E in queste ore si susseguono le richieste e gli appelli per una deescalation. Secondo l’analista militare di Haaretz, Amos Harel, anche Teheran ora preferirebbe non accendere i toni. «Due ore dopo l’attacco, i media iraniani hanno iniziato a sostenere che era stato sventato e che in realtà non era successo nulla», scrive Harel. Un possibile modo per evitare al regime di dover ancora rispondere. Anche perché, prosegue l’analista, l’Iran non può contare sull’aiuto di altri paesi (alleati o meno) per difendersi come invece ha potuto fare lo stato ebraico. «In gran parte del Medio Oriente, l’Iran è meno popolare di Israele.
È una dittatura assassina, che abusa del suo popolo, mina i governi rivali e favorisce e finanzia il terrorismo in tutta la regione. Nessun governante arabo ha versato lacrime questa mattina per l’attacco alla sovranità iraniana. Si può solo immaginare quanto siano preoccupati che l’incendio possa propagarsi e destabilizzare i loro Paesi», spiega Harel. Da qui anche la spinta internazionale ad evitare un ulteriore capitolo dello scontro Gerusalemme-Teheran. «Posso solo dire che da parte nostra, e di tutti i membri del G7, la nostra attenzione è rivolta alla de-escalation», ha dichiarato il segretario di Stato americano Antony Blinken a margine della riunione del G7 in corso in Italia. Washington, ha aggiunto Blinken, è impegnata nella sicurezza di Israele, ma allo stesso tempo non è stata coinvolta in alcuna operazione offensiva.
Sul fronte diplomatico, un altro gesto Usa si è fatto notare: giovedì ha posto il veto su una bozza di risoluzione che raccomandava all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di «ammettere lo Stato di Palestina come membro» dell’Onu. «Gli Stati Uniti continuano a sostenere con forza la soluzione dei due Stati. Questo voto non riflette un’opposizione alla creazione di uno Stato palestinese, ma è invece un riconoscimento del fatto che questa potrà avvenire solo attraverso negoziati diretti tra le parti», ha chiarito al Consiglio di Sicurezza il vice ambasciatore americano all’Onu Robert Wood.