Il Senato celebra 75 anni di amicizia tra Italia e Israele
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Era il 25 gennaio del 1949 quando il governo italiano guidato da Alcide De Gasperi riconobbe “de facto” il giovanissimo Stato d’Israele. Per festeggiare i 75 anni dall’avvio delle relazioni si è tenuta in Senato una conferenza promossa dai senatori Lucio Malan e Marco Scurria, rispettivamente presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-Israele e presidente della sezione italiana del Transatlantic Friends of Israel ed entrambi esponenti di Fratelli d’Italia.“Viviamo sullo stesso mare, godiamo degli stessi valori”, ha esordito l’ambasciatore israeliano Alon Bar, nel compiacersi per i molti risultati raggiunti da allora ed evidenziando come lo scorso anno i due paesi stessero per fare un “ulteriore passo avanti” attraverso l’organizzazione di un vertice intergovernativo poi saltato per le note vicende, ma che “spero si possa tenere in un prossimo futuro”.
Soffermandosi sull’attualità, l’ambasciatore ha parlato di guerra “imposta” dai terroristi di Hamas e difeso l’operato dell’esercito nel suo impegno per evitare vittime tra i civili, “che sono la conseguenza dell’uso che Hamas fa degli stessi”. Bar ha anche specificato che ogni cessate il fuoco “dovrà necessariamente includere la liberazione dei rapiti, garantire che la minaccia di Hamas venga rimossa, consentire il ritorno dei residenti nel sud e nel nord d’Israele nelle loro case, senza la minaccia dei missili e del terrorismo”.
Il diplomatico ha poi rivelato di essere preoccupato “per la demonizzazione e l’odio nei confronti degli ebrei e di Israele, spesso sotto la copertura della promozione della pace e della giustizia”. Un tema sollevato tra gli altri dalla presidente Ucei Noemi Di Segni, che ha detto di vedere “con gravissima preoccupazione” l’accentuarsi dei toni delle contestazioni e delle modalità con le quali avviene la critica a Israele.
Una critica “sempre più distaccata da ogni conoscenza dei fatti, sempre più rispondente a logiche di caccia al nemico e alla distorsione che si alimenta del pregiudizio e odio anti-israeliano e antisemita”. Questo, ha accusato Di Segni, “avviene nei cortei con grave offesa anche alle più alte cariche istituzionali dello Stato italiano, oltre che di Israele stessa, ma anche dentro le sedi scolastiche e universitarie, deputate invece ad essere luoghi di confronto, ascolto, approfondimento e conoscenza”. Victor Fadlun, il presidente della Comunità ebraica di Roma, ha messo in rilievo il fatto che l’Italia riconoscesse lo Stato d’Israele “pochi mesi dopo la sua costituzione, in un anno che anche per l’Italia coincideva con una grande rinascita, con i primi passi di questa Repubblica sulla base dei ritrovati valori di libertà e democrazia a lungo colpiti e schiacciati dal nazifascismo”. C’è “un filo direi mistico che ci unisce, tra Roma e Gerusalemme, l’Italia e Israele”, ha proseguito Fadlun. Un filo “fatto di grandi qualità umane e di una cultura che si alimenta incessantemente”.
Numerose in Senato le testimonianze di politici di più orientamenti, moderati dal vice direttore dell’AJC Transatlantic Institute Benedetta Buttiglione. Per Malan “tutte le opinioni sono legittime”, mentre “è inaccettabile” l’uso di un termine come genocidio contro lo Stato ebraico. Inaccettabile come l’appello formulato da alcune componenti della società anche italiana “per il boicottaggio, un aspetto veramente discriminatorio”. Scurria, evocando una recente missione svolta in Israele, ha riferito di aver trovato una “popolazione ancora sotto shock” per i tragici fatti di ottobre. Massacri e violenze “che l’Anp ancora non ha condannato: è anche di questo che dobbiamo parlare”.
Piero Fassino (Pd) ha posto l’accento sulla delegittimazione d’Israele tra giovani “che non hanno né memoria, né storia”. Non sarà semplice ma è necessario intervenire per favorire il più possibile la conoscenza, ha esortato l’ex sindaco di Torino. Andrea Orsini (Forza Italia), nel commentare il tentativo di boicottaggio di Israele alla Biennale Arte di Venezia, ha espresso amarezza per la firma “di molti intellettuali e artisti” nella lista di proscrizione diffusa. Un tema non nuovo, ha sostenuto, sottolineando come nel corso della storia una parte significativa della cultura italiana abbia già dimostrato “un deplorevole conformismo” davanti a certe istanze.
Per Maria Stella Gelmini (Azione) i “tanti progetti” sviluppati in questi 75 anni devono essere la premessa per avviarne altri ancora, perché “è nel momento del bisogno che l’amicizia deve emergere”. L’impressione di Paolo Formentini (Lega) è che un futuro di pace in Medio Oriente sia possibile, ma a patto che si aspiri a tenere in vita l’orizzonte tracciato dagli Accordi di Abramo e si punti in particolare “alla normalizzazione dei rapporti con l’Arabia Saudita”. Secondo Giulio Terzi di Sant’Agata (Fratelli d’Italia) deve essere chiaro che “i terroristi vogliono solo l’eliminazione d’Israele”.
Un punto non sempre colto a Occidente per via di una opinione pubblica condizionata “dalla narrativa radical chic” e del proliferare della “ideologia woke”, ha detto l’ex ambasciatore. Stefania Craxi (Forza Italia) ha poi ricordato che il 7 ottobre si è “ucciso, torturato, violentato: un orrore che non ha giustificazione”. La risposta è stata una guerra non solo militare ma che presenta caratteristiche ibride, “da combattere anche sul piano della disinformazione”. Così infine Enrico Borghi (Italia Viva): “Israele rappresenta la frontiera avanzata dell’Occidente. Quello che sta accadendo lì può avere ripercussioni anche qui. È un affare anche nostro”.