I primi cento anni della Rassegna Mensile di Israel

 In consigli di lettura, Attualità

Rav Gianfranco Di Segni racconta a Riflessi (un po’ del) la lunga storia della Rassegna Mensile di Israel

Con queste parole, “e vivrà, oh se vivrà”, Alfonso Pacifici salutava la nascita della Rassegna Mensile di Israel (RMI) nel 1925. Del centenario di questa rivista e della stampa ebraica italiana in generale si è parlato nel bel convegno tenutosi a fine novembre presso la Biblioteca Nazionale dell’Ebraismo Italiano (BNEI) Tullia Zevi di Roma.

La Rassegna Mensile di Israel è considerata la più importante sede di dibattito culturale dell’ebraismo italiano. I quasi novanta volumi, i contributi scientifici pubblicati, le centinaia di libri recensiti fanno della rivista una fra le più longeve e autorevoli voci dell’ebraismo europeo, interrotta per dieci anni solo dalle leggi antiebraiche del fascismo, dalle persecuzioni e dagli eventi bellici.

La RMI, fondata da Dante Lattes e Alfonso Pacifici, nacque come numero mensile della rivista settimanale Israel. Col tempo è diventata “quadrimestrale” (e di fatto ormai semestrale con numeri singoli e doppi che si alternano). Il primo numero è datato 15 ottobre, uscito non a caso nel mese di Tishrì (il primo mese dell’anno ebraico) 5686: la doppia datazione, ebraica e civile, è tuttora presente.

Alcune parole sui fondatori. Dante Lattes, nato a Pitigliano nel 1876, fu una delle figure ebraiche più famose, importanti e prolifiche (letterariamente parlando) del Novecento.

Dante Lattes

Fresco di laurea rabbinica conseguita presso il Collegio rabbinico di Livorno, sotto la guida del rabbino, teologo e filosofo Elia Benamozegh, divenne redattore del giornale triestino Corriere Israelitico e dopo pochi anni ne fu condirettore. Dalle pagine del Corriere Dante Lattes combatté diverse battaglie giornalistiche, peraltro spesso infruttuose, come lui stesso disse, ma che smossero le acque dell’ebraismo italiano dell’epoca.

Nel 1915, a causa della guerra mondiale, l’italiano Lattes dovette abbandonare Trieste, che era allora sotto il dominio austriaco, e andò a vivere a Firenze. Poco dopo, il giornale triestino Corriere Israelitico diretto da Lattes si fuse con la Settimana Israelitica di Firenze, diretta da Alfonso Pacifici. Questi, nato a Firenze nel 1889, pur provenendo da una famiglia ebraica abbastanza tradizionalista, rispetto agli standard (piuttosto bassi) dell’epoca, non aveva seguito da ragazzo – a differenza di Dante Lattes – degli studi approfonditi delle fonti ebraiche, bibliche e talmudiche. Si avvicinò a questo tipo di studi, e alla vita ebraica integralmente osservante, solo quando, ormai giovanetto, entrò a far parte della cerchia di allievi, amici e simpatizzanti del rabbino S.H. Margulies, rabbino capo di Firenze e Direttore del Collegio rabbinico italiano, il Maestro di buona parte dei rabbini d’Italia della prima metà del Novecento.

Dalla fusione dei due giornali, Corriere Israelitico e Settimana Israelitica, nacque il glorioso settimanale Israel, un giornale che, come scrisse Attilio Milano, “per importanza, è risultato assai più della somma delle due energie annullate” (A. Milano, Un secolo di stampa periodica ebraica in Italia, RMI, in Scritti in onore di Dante Lattes, XII, 7-9, aprile-giugno 1938, pp. 96-136, p. 121; Idem, Per il 30° compleanno della “Rassegna”, RMI, XXXI, 2, febbraio 1965).

La dottrina e la cultura ebraica di Dante Lattes acquisita fin da giovane si unì alla passione ebraica e all’entusiasmo di Alfonso Pacifici. Entrambi erano accomunati da una notevole vis polemica. Con Lattes, nel suo periodo triestino, “il giornalismo passò, con risolutezza, all’attacco: affrontò direttamente gli ebrei italiani, come uomini, nei loro più scottanti problemi del momento, mettendo a nudo, senza blandizie, le loro debolezze di fronte alla soluzione di questi problemi” (A. Milano, Un secolo, cit., pp. 112-113). Mentre lo stesso Pacifici scriveva in un numero del 1912 della Settimana Israelitica: “Turbare le coscienze bisogna, disseminare inquietudini anche nelle anime più inerti, fino a provocare quello stato di aspettazione vibrante, che è l’indice della recuperata vitalità nei popoli che hanno rischiato di morire di inerzia”.

Dal giornale Israel nacque nel 1925 una costola culturale, la Rassegna Mensile di Israel, appunto. Precedentemente, nel 1919,era nato un giornale per ragazzi, l’Israel dei Ragazzi,

Israel dei Ragazzi, anno IV, n. 8, maggio 1922

noto anche come Israelino, che ai suoi inizi vide la direzione di David Prato, colui che sarebbe poi diventato rabbino capo di Alessandria d’Egitto e successivamente rabbino capo di Roma.

La Rassegna era diretta da Lattes e Pacifici, ma all’inizio il più attivo fu Pacifici, che così scriveva del numero 1, del 15 ottobre 1925: “Due parole di presentazione, anche a nome del collega Dante Lattes, come quello che sono più direttamente responsabile della nascita di questa nuova Rassegna. Da anni e da molte parti si andava dicendo che Israel da solo non bastava, che era necessaria anche una rivista mensile per accogliere quegli studi più ampi e riposati che il giornale, per la sua struttura tecnica, non può accogliere”. Parlando poi della questione dei finanziamenti, non facilmente reperibili, scriveva: “prima fare, poi pensare come si può fare”.

Alfonso Pacifici da giovane

Nel numero 2, del 15 novembre 1925, Pacifici scriveva: “Le accoglienze della Rassegna sono state festosissime; superando, in tono e in estensione, tutte le nostre più ottimistiche aspettative. Anche a nome del collega Lattes ringrazio tutti coloro che ci sono stati gentili di parole di plauso e di incitamento”. Con gli anni entrarono nel Comitato direttivo e nella redazione altri valevoli elementi, mentre il direttore responsabile fu Guido Bedarida.

Cosa conteneva la Rassegna dei primi tempi? Articoli sulla storia ebraica, sulla letteratura classica e moderna, scritti di autori famosi, testi di, o su, personalità del mondo ebraico di grande rilievo, spesso accompagnati dai loro ritratti dipinti o fotografici (p. es., nel numero 1, quello di A. Einstein), articoli “espositivi-discussivi” su argomenti di tipo spirituale o questioni contemporanee, poesie (p. es. di Ch. N. Bialik, il grande poeta, artefice della rinascita della lingua ebraica). Non mancavano poi le rassegne dei libri e delle riviste.

Altri temi molto presenti erano la situazione in Eretz Israel e gli sviluppi del movimento sionistico. Pacifici e Lattes erano, scrive A. Foa, “ambedue sionisti di quello speciale sionismo religioso che caratterizza l’esperienza italiana” (Gli ottanta anni della “Rassegna”, RMI, LXXV, 1-2, 2009).

fascicoli della Rassegna Mensile di Israel

La Rassegna non era una rivista accademica, semmai una rivista che oggi definiremmo di alta divulgazione. Si era presentata “senza sonanti enunciazioni programmatiche ma affermatasi fin dall’inizio come moderno ed efficace strumento di diffusione culturale presso i colti ebrei ebraicamente incolti”, come bene delineato da G. Calabresi (Nel ventesimo compleanno della “Rassegna”, RMI, XX, 12, 1954, p. 495). Ed essenzialmente la RMI ha mantenuto questo carattere fino a oggi, arrivati al centesimo anno.

La Rassegna fu soppressa dal fascismo nel 1938, alla pari di tutte le altre riviste ebraiche e come tante altre attività che le leggi razziste fasciste preclusero agli ebrei. Già da tempo lo stesso Dante Lattes era sotto il controllo continuo della polizia. “Il Governo fascista sapeva molto bene […] che egli era la personalità ebraica italiana più importante, più conosciuta e più stimata all’estero, in tutto il mondo ebraico”. Sulla spinta di amici, nel febbraio del 1939 Lattes si decise a emigrare in Eretz Israel, da cui tornò in Italia a guerra finita solo nel 1946. Due anni dopo “riprese con giovanile vigore” la pubblicazione della Rassegna che diresse fino alla sua morte nel 1965 (A. Segre, Nel primo centenario della nascita di Dante Lattes, RMI, XLII, 9-10, pp. 20-21). Nel 1947, Lattes entrò in polemica con Benedetto Croce, criticando una sua frase infelice sulla necessità per gli ebrei di cancellare distinzioni che sarebbero state il pretesto per le persecuzioni patite (G. Luzzatto Voghera, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, s.v.; F. Pardo, L’ebraismo secondo B. Croce e la filosofia crociana, Firenze 1948). Dopo la morte di Lattes, alla direzione della RMI si succedettero Yoseph Colombo, Augusto Segre, Giuseppe Laras, Guido Fubini, Amos Luzzatto e Giacomo Saban.

Amos Luzzatto (1928-2020)

La ripresa della stampa ebraica in Italia dopo la fine del nazifascismo e la tragedia della Shoà vede un protagonista assoluto soprattutto nel fiorentino Carlo Alberto Viterbo (1889-1974), che con Pacifici, David Prato e Quinto Sinigaglia era stato condirettore della Settimana Israelitica fino al 1915. Nel dicembre 1944, quando ancora il nord-Italia era sotto l’occupazione nazifascista, fu Viterbo a far ripartire la pubblicazione dell’Israel. Viterbo divenne un tutt’uno con l’Israel, e infatti con la sua scomparsa, nel 1974, anche il giornale cessò le pubblicazioni. L’Israel entrava settimanalmente in buona parte delle case degli ebrei italiani e “nel volgere di poco tempo rimase a lungo il maggiore organo di informazione ebraica del dopoguerra”, l’unico giornale ebraico che si poteva acquistare anche nelle edicole (A. Cavaglion, voce su C.A. Viterbo in “Dizionario Biografico degli Italiani”; Giorgio Romano, Il direttore di “Israel”, in Israel, “Un decennio”, 1974-1984, Saggi sull’Ebraismo italiano, a cura di F. Del Canuto, Carucci editore, Roma 1984).

Nel frattempo, la collaborazione fra Lattes e Pacifici giungeva a una sorta di gentlemen’s agreement: Lattes si impegnò soprattutto per la Rassegna mentre Pacifici, che era immigrato in Eretz Israel nel 1934, rimase più legato al settimanale Israel (vedi lettera di Lattes a Viterbo del 1962).

Lettera del 26 giugno del 1962 inviata da Dante Lattes, direttore della Rassegna Mensile di Israel, a Carlo Alberto Viterbo, direttore di Israel
(per gentile concessione di Lionella Neppi Modona Viterbo, dall’archivio personale di suo marito Giuseppe Viterbo, figlio di Carlo Alberto)

Dal secondo dopoguerra in poi, la RMI si occupò ovviamente, oltre agli argomenti già citati sopra, di Shoà e antisemitismo, della nascita dello Stato d’Israele nel 1948 e del suo sviluppo, del dialogo interreligioso, in particolare ebraico-cristiano. Ma anche altri temi di impronta più culturale trovarono ampio spazio nella rivista, come attestano, in anni recenti, i numeri dedicati alle giudeo-lingue (giudeo-italiano, giudeo-spagnolo, yiddish) e all’ebraico in traduzione, a Isaac Singer e alla letteratura yiddish, alla Sicilia ebraica (prima e dopo la cacciata degli ebrei del 1492-3), a musicisti e pittori ebrei (fra cui ricordiamo la pittrice Charlotte Salomon, assassinata ad Aushwitz all’età di 26 anni, incinta), al problema dei diritti degli animali, alla filosofia (p.es. Maimonide, Spinoza, Martin Buber, Levinas, A.J. Heschel) e a molto altro ancora.

Come scrive Bruno Di Porto in una “breve scheda panoramica” a cui rimandiamo, il giornalismo ebraico italiano “ha svolto anzitutto una essenziale funzione coesiva della minoranza ebraica quando, con l’emancipazione, ci si è disseminati, sotto il profilo abitativo, occupazionale, sociale, scolastico, integrandosi nelle società dei rispettivi paesi. Ha costituito, in pari tempo, un importante fattore di avvicinamento tra le comunità ebraiche, che prima erano comprese in diversi stati italiani, e quando ancora sussistevano stati diversi”. Così era nell’Ottocento, ma dopo l’unità d’Italia “il giornalismo ebraico ha molto contribuito a configurare, per l’autopercezione degli ebrei e verso l’esterno, l’immagine complessiva dell’ebraismo italiano nella sua sintesi di italianità e di ebraismo”. I giornali ebraici “ebbero un certo ruolo di rappresentanza, in complementarità o in concorrenza rispetto alla rappresentanza ufficiale, degli ebrei d’Italia” (B. Di Porto, Breve scheda panoramica sul giornalismo ebraico in Italia, Centro bibliografico dell’Ucei, 27 novembre 2011, disponibile online).

Liliana Picciotto, storica, prossima co-direttrice della RMI insieme a Myriam Silvera

 

 

 

 

 

 

Concludo annunciando un parziale rinnovo dell’organico della Direzione e della Redazione della RMI, a dieci anni dall’insediamento di quello attuale. La nuova direzione, a partire dal nuovo anno civile, sarà affidata a Liliana Picciotto e Myriam Silvera, affiancate da un comitato direttivo composto da Alberto Cavaglion, Laura Quercioli Mincer, Angelo Piattelli e Claudia Rosenzweig (gli ultimi due, nella sede israeliana). In redazione saranno presenti Anselmo Calò, Claudia Di Cave, Gavriel Levi, Amedeo Spagnoletto, Sandro Temin, Iaia Shulamit Vantaggiato. Nella redazione israeliana ci saranno Michael Ascoli, Jacopo Mascetti, Ariel Rathaus, Ariel Viterbo.

Riguardo a me, cercherò di essere utile per la RMI dal comitato scientifico di cui, come d’uso, entrerò a far parte. Questi dieci anni nella direzione (e i quindici precedenti in redazione) sono stati per me un’esperienza impegnativa e avvincente (nel senso lato del termine ma anche in quello  etimologico). È giunto ora il momento di lasciare maggiore spazio ad altri, con nuove idee e nuovi entusiasmi. E io potrò dedicarmi ad altri progetti spero altrettanto emozionanti quanto questa splendida rivista, che viene attualmente pubblicata da La Giuntina di Firenze per la cura di Daniel Vogelmann e in anni precedenti dalla Litos di Ghidon Fiano, Roma, a entrambi i quali vanno i nostri sentiti ringraziamenti.

Siamo lieti di chiudere questo mandato decennale con il numero doppio della Rassegna dedicato alla memoria del Maestro e Rabbino rav Giuseppe Laras z.l., che oltre a tanti prestigiosi e importanti incarichi fu anche direttore della RMI negli anni 1979-1981. Come ha ricordato rav Riccardo Di Segni al recente convegno sulla stampa ebraica, riferendo le parole argute di un attento conoscitore dell’ebraismo italiano, rav Laras era predestinato a diventare direttore de LaRas-segna.

Post recenti