“E ci ha tratti fuori di là…” – La sera del Seder
di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele
tradotto ed adattato da David Malamut
La sera del Seder, ci riuniamo tutti attorno al tavolo e leggiamo insieme l’Haggadah. Ma cos’è l’Haggadah? È un’antica narrazione storica che inizia con questa dichiarazione:
“Eravamo schiavi del faraone in Egitto, e il Signore nostro Dio ci ha fatto uscire di là con mano forte e braccio teso. E se il Santo, benedetto Egli sia, non avesse fatto uscire i nostri padri dall’Egitto, allora noi, i nostri figli e i figli dei nostri figli saremmo ancora schiavi del faraone in Egitto…”
Questo brano è piuttosto sconcertante. Perché mai, se non fossimo stati redenti allora, non lo saremmo mai stati? Non avrebbe potuto esserci un’altra opportunità, quella che sia, naturale o miracolosa, per la liberazione dalla schiavitù e l’esodo dall’Egitto?
Inoltre, questa Haggadah è stata recitata per migliaia di anni, sia in tempi di pace che in tempi di difficoltà e angoscia. Gli ebrei recitavano l’Haggadah nei ghetti e nei bunker, durante pogrom e spargimenti di sangue, e persino in tempi di esilio e inquisizione. Che rilevanza aveva per loro allora questa antica storia biblica?
Alla fine della Haggadah, subito prima della recitazione di Hallel, c’è un altro brano potente su cui vale la pena riflettere:
“In ogni generazione, ognuno deve considerarsi come se fosse uscito personalmente dall’Egitto. Come è detto: “In quel giorno racconterai a tuo figlio: ‘È per questo che il Signore ha fatto per me quando sono uscito dall’Egitto’“. Il Santo, Benedetto Egli sia, non solo ha redento i nostri antenati, ma ha redento anche noi insieme a loro, come è detto: “E ci ha fatto uscire di là…”
L’Abarbanel (Don Isaac Abarbanel), che scrisse il suo commentario all’Haggadah mentre il popolo ebraico stava attraversando difficoltà storiche, dopo l’espulsione dalla Spagna, chiese, in una delle sue 100 domande sulla Haggadah, qualcosa che era vero per il suo tempo e, purtroppo, è rimasto rilevante per gran parte della nostra storia: come possiamo dire “come se fossimo usciti dall’Egitto“, quando la realtà attuale (secondo le sue parole) è persino peggiore della situazione dei nostri antenati in Egitto? Qual è la logica alla base di questa immaginazione guidata che ci fa vedere sé stessi “come se lui personalmente fosse uscito dall’Egitto“?
È una domanda toccante. Soprattutto pensando ai nostri cari che sono stati tenuti prigionieri dal nemico per così tanto tempo: possono anche loro, e le loro famiglie, vedersi come se fossero usciti dall’Egitto? Che dire di coloro che hanno perso i propri cari che hanno combattuto con eroismo per il popolo d’Israele, e i cui volti amati appaiono davanti a loro giorno e notte, senza offrire pace? Possono sentirsi liberi durante la notte del Seder, “come se fossero usciti dall’Egitto”?
La risposta risiede nella dimensione spirituale dell’Esodo. Quando gli Israeliti furono redenti dall’Egitto, ricevettero in dono la luce della fede. Dio si rivelò loro e mostrò la Sua sovranità e il Suo controllo su tutto ciò che accade nel mondo. Questo si manifestò nelle Dieci Piaghe e soprattutto negli eventi miracolosi della Notte di Veglia (Leil Shimurim), la stessa notte che continuiamo a celebrare di generazione in generazione.
Se il Santo, Benedetto Egli sia, non avesse mostrato Sé Stesso e la Sua provvidenza su ogni dettaglio della nostra vita, non saremmo stati in grado di superare alcuna difficoltà. Il potere della fede che ci fu rivelato quella notte divenne il momento spartiacque, il punto di svolta da un’era di oscurità priva di fede e speranza a una nuova era di luce spirituale e connessione divina.
Questo è ciò che intende l’Haggadah quando dice:
“Finché il Re dei re, il Santo, Benedetto Egli sia, si rivelò e li redense.”
Improvvisamente, la Sua presenza divenne chiara, diffondendo luce e offrendo una prospettiva completamente nuova su tutto ciò che accade.
Nella notte del Seder, Dio ci ha liberati da lì, dal rinnegamento del Faraone e dall’oscurità dell’Egitto. Ci ha portato dalle tenebre più profonde alla grande luce, dall’incertezza, dalla paura e dall’ansia alla potente illuminazione della fede e della vicinanza a Dio che deriva dalla preghiera sincera.
La fede ci dà forza. La preghiera ci dà resilienza. Questo è il dono prezioso che abbiamo ricevuto durante l’Esodo. Ecco perché ogni persona è obbligata a vedersi come se avesse lasciato personalmente l’Egitto. Perché questa è l’essenza della redenzione: dare a ogni persona, indipendentemente dalla sua situazione, la forza interiore della fede, della speranza, della gioia e della serenità.
Auguro una gioiosa festa a tutta la nazione ebraica!
Che sia una festa di redenzione e salvezza, sia comunitaria che personale!