Concentrarsi sul “fare” –  Parashat Beha’alotcha

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

tradotto ed adattato da David Malamut

Nella Parashat Beha’alotcha leggiamo di un’istruzione data a Mosè di preparare le trombe per servire il Tempio e il popolo. Nel Tempio, le trombe venivano usate durante i sacrifici nelle feste e nelle feste comandate. Le stesse trombe venivano usate dalla nazione durante il viaggio nel deserto, quando il popolo veniva chiamato al Tabernacolo per ascoltare le parole di Mosè, o quando i figli d’Israele viaggiavano da un accampamento all’altro. E sarebbero necessari anche per il futuro – quando il popolo sarà nella propria terra e andrà in guerra contro il nemico. In tutti questi, viene definito, come precetto (mitzvah) di suonare le trombe.

Questo comandamento sembra a prima vista del tutto marginale. Perché è necessario dare un ordine su come chiamare il popolo o su come andare in guerra? Questo può essere fatto in diversi modi in base alla situazione e al momento. Che cosa hanno di speciale le trombe che ai figli d’Israele fu comandato di usare in queste situazioni?

Sefer HaChinuch è un libro che fu redatto in Spagna nel XIII secolo e il nome del suo autore non è noto con certezza. Questo libro elenca tutti i comandamenti della Torah con le principali leggi che li riguardano, insieme alle ragioni dei comandamenti che di solito venivano scritti secondo la filosofia di Maimonide e Nachmanide. Divenne uno dei libri ebraici fondamentali del Medioevo. Consideriamo le parole di questo libro nel contesto dei comandamenti delle trombe (Sefer HaChinuch, precetto n.484):

<<…poiché al momento del sacrificio avrebbero bisogno di focalizzare adeguatamente la loro attenzione… e anche [che] il sacrificio richiede completa consapevolezza davanti al Signore di tutto ciò che ha comandato su di loro; e anche nel momento della difficoltà, una persona ha bisogno di grande concentrazione nella sua supplica davanti al suo Creatore, affinché Egli abbia misericordia di lui e lo salvi dalle sue difficoltà; ci viene quindi comandato di suonare le trombe in questi momenti. Poiché l’uomo è fisico, richiede una grande eccitazione per queste cose. Perché la via della natura è dormire… E c’è anche un altro scopo, oltre all’eccitazione e alla focalizzazione dell’attenzione, che viene realizzato attraverso il suono della tromba; e cioè che il suono delle trombe allontana tutte le altre preoccupazioni mondane dal cuore dell’ascoltatore, tanto che in quel momento egli si limiterà a [indirizzare] il suo cuore alla questione del sacrificio… Questo è ben noto a chiunque abbia mai piegato l’orecchio per udire, con attenzione, le trombe o il suono di uno shofar.>>

Lo scopo delle trombe, secondo l’autore del Sefer HaChinuch, è quello di concentrare una persona su ciò che sta facendo: offrire sacrifici o pregare Dio nei momenti difficili. Queste azioni sono abbastanza importanti perché la Torah specifichi come una persona dovrebbe indirizzare la propria mente e concentrarsi su ciò che ci aspetta.

L’uomo ha la tendenza a perdere la concentrazione. Facciamo cose importanti, ma non prestiamo loro attenzione. Può accadere quando stiamo adempiendo a qualche mitzvah – preghiera o qualche altro comandamento – e ci ritroviamo a muovere le labbra mentre i nostri pensieri vagano in altri regni. Può anche accadere quando ci relazioniamo con gli altri ma non ci concentriamo su di loro. Un buon esempio di ciò potrebbe essere un genitore che si prende cura del suo bambino piccolo ma mentre lo fa è impegnato con il cellulare. Questo esempio è troppo estremo? Invece no, sembra essere un fatto estremamente comune di questi giorni.

Quando facciamo qualcosa senza concentrarci su di essa, perdiamo due volte, per modo di dire. Di solito, l’atto che compiamo verrà compiuto in modo imperfetto. Se è una preghiera, ci ritroveremo a saltarne accidentalmente dei passaggi quando non siamo concentrati, e se nel secondo esempio che abbiamo citato – la cura del bambino – il bambino sente se il genitore è interessato a lui o ad altre cose. Ma c’è un’altra perdita, mancanza, in questo: le cose che facciamo bene costruiscono la nostra personalità. Ogni mitzvah, ogni buona azione, ogni atteggiamento verso gli altri ci modella come una personalità più completa. Quando compiamo un atto con il “pensiero altrove”, il potere dell’atto svanisce e non ha alcun significato per noi.

Quando guardiamo i bambini piccoli, possiamo vederli impegnati nel gioco con elevata concentrazione. Nessuna sorpresa. Dopotutto, i bambini non sono preoccupati per il domani o per quello che è successo ieri, non hanno un mutuo da pagare o un rapporto complicato con il loro capo al lavoro, e come ha scritto lo scrittore Fulton Oursler: “I pensieri si spostano costantemente tra il rimpianto per ieri e la paura del domani”. Questa è la sfida che affrontiamo da adulti: essere in grado di focalizzare la nostra attenzione sull’azione giusta, con intento e concentrazione, e quindi farla nel miglior modo possibile e trarne il massimo beneficio.

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