Compassione e rispetto per gli altri

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

tradotto ed adattato da David Malamut

La Parasha di Shemot, che apre il secondo libro della Torah, racconta le sofferenze degli Israeliti in Egitto. Dopo anni di conforto in Egitto, furono sottoposti a una dura schiavitù. Il faraone decretò l’esecuzione di tutti i neonati ebrei e generazioni di israeliti vissero come schiavi oppressi, privi di speranza. Alla fine, quando la sofferenza divenne insopportabile, le loro grida e lamentele raggiunsero il cielo e Dio decise di porre fine al loro tormento.

Dio si è rivelato a Mosè, cresciuto nel palazzo del Faraone, e gli ha affidato la missione di annunciare la redenzione agli Israeliti.

Il Midrash spiega che Mosè fu scelto per questa missione per la sua gentilezza e compassione. Nonostante la sua posizione privilegiata, Mosè si identificò con la sofferenza dei suoi fratelli:

<<Ora, in quel tempo, cresciuto Mosè, uscì appo i suoi fratelli, osservò le loro gravezze; vide un uomo egizio, che batteva un uomo ebreo, dei suoi fratelli.>> (Esodo 2,11)

Il Midrash indica:

Vedeva la loro sofferenza e piangeva dicendo: <<Guai a me per te! Se solo potessi morire per voi, perché non c’è lavoro più difficile che lavorare con la malta.>> 

Egli prestava la sua spalla e aiutava ciascuno di loro. Rabbi Elazar, figlio di Rabbi Yosei HaGelili, disse: Lui vide un fardello pesante attribuito a una persona piccola e un fardello leggero su una persona grande, un fardello di un uomo attribuito a una donna e il fardello di una donna attribuito a un uomo, il fardello di un anziano attribuito a una persona più giovane e il peso di un giovane attribuito a un anziano. Avrebbe messo da parte il suo personale principesco, sarebbe andato da loro e avrebbe adattato i loro fardelli come se aiutasse il Faraone.

<<Il Santo, Benedetto Lui sia, ha detto: “Voi avete messo da parte le vostre preoccupazioni per vedere la sofferenza di Israele e li avete trattati come fratelli. Pertanto, metterò da parte i regni celesti e terreni e parlerò con voi.>>” (Midrash Rabbah, Shemot, Parasha 1)

Sorprendentemente, anche dopo questa rivelazione divina e il comando diretto di affrontare il Faraone e guidare la redenzione, Mosè esitò. Per sette giorni, come spiega Rashi (il grande commentatore biblico, Rabbi Shlomo Yitzchaki), Mosè discusse con Dio, cercando di evitare la missione. La sua preoccupazione principale era che suo fratello maggiore, Aronne, potesse sentirsi offeso se Mosè fosse stato scelto per guidare.

<<Apprendiamo [da questo] che per sette giorni interi il Signore, che Benedetto Lui sia, stava attirando Mosè nel roveto spinoso affinché andasse in missione… Tutta questa [riluttanza] era perché lui [Mosè] non voleva accettare una posizione più alta di suo fratello Aaron, che era il suo maggiore.>> (Rashi, Esodo 4,10)

È un dato sorprendente. Un’intera nazione attende la redenzione mentre la sofferenza è travolgente, eppure Mosè non accetta di andare finché Dio non gli avrà promesso che Aronne non sarebbe stato danneggiato e avrebbe effettivamente preso parte al viaggio di redenzione. Alla fine, Dio rassicurò Mosè, promettendogli che Aronne non solo avrebbe accettato il suo ruolo ma si sarebbe rallegrato nel suo cuore:

<<Ed il Signore si accese di sdegno contro Mosè, e disse: Vi è già Aronne tuo fratello, il Levita; so ch’egli non si rifiuterà di parlare. Anzi egli è per venirti incontro, ed al vederti gioirà di cuore.>> (Esodo 4, 14)

Questo episodio insegna una lezione profonda: la redenzione e il progresso non possono avvenire a scapito della dignità di un altro. Anche se un’intera nazione attendeva la salvezza, Mosè si rifiutò di procedere finché non fu certo che nessuno si sarebbe sentito ferito o mancato di rispetto, offeso in qualche maniera.

Questa storia evidenzia il profondo valore ebraico di rispettare gli altri. La vera bontà e redenzione devono sempre sostenere il rispetto e la compassione per ogni individuo.

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