Atti di sacrificio personale – Parashat Shemot

 In Dall'Ufficio Rabbinico, Parashà della Settimana

Atti di sacrificio personale – Parashat Shemot

di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele

tradotto ed adattato da David Malamut

Il libro dell’Esodo si apre con storie che ci fanno comprendere lo spirito di sacrificio che hanno preceduto l’esodo dall’Egitto. A cominciare dalle levatrici ebree a cui il faraone, il re egiziano, ordinò di uccidere tutti i bambini maschi ma sfidarono il suo ordine; attraverso Yocheved, Miriam e la figlia del faraone che rischiarono la vita per la nascita e l’educazione di Mosè; e fino a stesso Mosè, che fu allevato nel palazzo egiziano e andò a trovare i suoi fratelli schiavi per assisterli. Ciò gettò le basi per la redenzione: atti di abnegazione per il bene altrui.

Più avanti nella storia, dopo l’uscita dall’Egitto, quando la nazione raggiunse le rive del Mar Rosso, incontriamo un’altra storia di sacrificio che portò alla redenzione attesa. Quando la gente si trovò in una situazione terribile, con il mare davanti a loro e l’esercito egiziano dietro, quindi senza alcuna via d’uscita apparente, Nachshon ben Aminadav fu il primo a gettarsi in acqua. Questo atto portò al miracolo della divisione del Mar Rosso, permettendo all’intera nazione di attraversarlo sulla terraferma.

C’è un famoso detto: “È più facile togliere gli ebrei dall’esilio che togliere l’esilio dagli stessi ebrei“. Questa era proprio la situazione delle persone che lasciavano l’Egitto. L’esodo stesso avvenne miracolosamente per mano di Dio, ma le persone dovettero dimostrare di essere disposte a rimuovere l’esilio da loro stesse. Ciò è stato ottenuto attraverso atti di abnegazione, dimostrando che sotto la spessa “patina di schiavitù” esisteva uno spirito resiliente e vitale pronto per la redenzione.

La schiavitù in Egitto non era solo fisica ma soprattutto mentale. Il popolo non credeva più nella possibilità di redenzione. Quando Mosè venne e annunciò l’imminente redenzione, gli Israeliti “non ascoltarono Mosè a causa della mancanza di respiro e delle dure fatiche”. Se questa schiavitù mentale avesse veramente dominato il popolo di Israele, non avrebbe potuto essere redento. Solo gli atti di abnegazione dimostrarono che il popolo era pronto alla redenzione nonostante la stanchezza e l’apparente disperazione.

Gli atti di abnegazione possono sembrare una caratteristica delle situazioni difficili. I soldati che prestano servizio nell’esercito e combattono valorosamente nelle battaglie si sacrificano per il bene del popolo di Israele. Ma quale sarebbe il collegamento tra il sacrificio personale con il fatto della persona che vive una vita confortevole? Dobbiamo raggiungere situazioni di emergenza per scoprire la nostra capacità di sacrificio, o è una caratteristica che viene rappresenta generalmente nella nostra vita quotidiana?

A un esame più attento, lo spirito di sacrificio personae non si esprime solo quando una persona rischia letteralmente la vita in una situazione pericolosa. Ci si può sacrificare nella vita di tutti i giorni rinunciando alla propria volontà, superando la tentazione e facendo ciò che non si desidera fare: sacrificare sé stessi per amore dei valori, dell’ebraismo e della nostra umanità. Quando resistiamo alla tendenza di ignorare la sofferenza degli altri e prendiamo del tempo dalla nostra agenda per aiutarli, in una certa misura ci sacrifichiamo per il loro bene. Quando ci asteniamo dal partecipare a un evento che non è in linea con la nostra visione del mondo, ci sacrifichiamo per il bene di quei valori.

Come nella parasha di questa settimana, questo sacrificio personale è anche un atto educativo. Da dove trasse Mosè la forza per uscire e vedere i suoi fratelli nella loro angoscia? Dal comportamento di sua madre Yocheved, di sua sorella Miriam e di Batya, la figlia del faraone, che lo allevò nella sua casa. Quando ci sacrifichiamo per il bene degli altri, educhiamo i nostri figli a non essere egocentrici; quando rinunciamo a qualcosa per amore dei propri valori, educhiamo i nostri figli a non essere edonisti, materialisti; quando ci sacrifichiamo per i valori dell’ebraismo, educhiamo i nostri figli alla devozione e alla fedeltà.

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