A Roma maratona oratoria per non dimenticare gli stupri del 7 ottobre
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Le voci si alternano sul palco in piazza Sant’Apostoli a Roma. Il messaggio, declinato in modi diversi, è uno ed è chiaro: “Non possiamo rimanere in silenzio” davanti agli stupri e le violenze di Hamas contro le donne israeliane. “Non possiamo rimanere in silenzio mentre i movimenti femministi italiani dimenticano il più efferato stupro di massa mai compiuto in Occidente dalla guerra del Kosovo. Non possiamo rimanere in silenzio davanti a chi considera lo stupro di donne israeliane, di donne ebree, meno uguale degli altri”, dicono gli organizzatori in apertura della lunga maratona oratoria promossa dall’Associazione Setteottobre per ricordare i crimini contro le donne compiuti da Hamas. Per mettere in luce quelli in corso a Gaza ai danni degli ostaggi ancora in mano ai terroristi.
Nel pubblico, tra le bandiere d’Israele, diversi cartelli ricordano l’orrore di cinque mesi fa. Ricordano volti e storie delle donne rapite dai terroristi palestinesi. Una signora tiene in mano un pezzo di stoffa giallo in cui in ebraico si legge l’appello: “Riportateli a casa”. Su un altro si legge “Libere le donne dalla schiavitù di Hamas”. Tamar Herzig, storica israeliana, dal palco legge un messaggio Ayelet Levy Shahar, la cui figlia 19enne Naama è stata rapita a Gaza. Il video di come la giovane è stata trascinata via per i capelli dai terroristi è diventato un simbolo dell’orrore del 7 ottobre. “Quelle immagini hanno trasformato Naama nella figlia di tutti noi. Come madre sono impotente davanti a quei momenti di terrore. Da 153 giorni e 153 notti il mio cuore è spezzato. I suoi incubi sono i miei. Noi dobbiamo essere la sua voce mentre è silenziata da Hamas, ferita e abusata”, le parole di Levy Shahar lette da Herzig. Poi una domanda finale: “Dov’è la comunità internazionale davanti a tutto questo? Dov’è il mondo?”. E dove sono le femministe? L’interrogativo di molte delle oratrici. Secondo Lucetta Scaraffia, storica e giornalista, “la vergogna del loro silenzio rappresenta la fine del femminismo italiano. Come si può non denunciare quell’orrore, quei femminicidi, stupri, mutilazioni di cui abbiamo i filmati perché documentati” dagli stessi aguzzini, si è chiesta Scaraffia. “Il silenzio è violenza, la rimozione è violenza”, sottolinea Alessandra Tarquini, storica e docente all’Università la Sapienza. “Sono qui anche per dire che non solo non si devono boicottare le università israeliane, ma questo è il momento per sostenerle di più”.
Grande amarezza poi nelle riflessioni della scrittrice Lia Levi, scampata alla Shoah. “Quelle donne il 7 ottobre sono state sbranate. Vittime del peggior pogrom contro gli ebrei dal dopoguerra. Eppure l’opinione pubblica non ha voluto sentirne parlare. Perché? Perché gli ebrei non devono esistere, almeno questa è la volontà di Hamas”. E chi incita al gruppo terroristico nelle piazze italiane “sostiene che gli ebrei che devono essere cancellati dalla faccia della Terra. Come ci difendiamo? Facendo un incontro come questo. Abbiamo la voce e dobbiamo farla sentire”.
Essere contro Hamas vuol dire anche essere contro il patriarcato, ha sottolineato Paola Concia, attivista ed ex deputata Pd. “La nostra speranza è che le donne, gli uomini, i bambini di Gaza siano liberati da Hamas”. Anche due giovani iraniane sono salite sul palco per esprimere la propria solidarietà e per ricordare gli orrori del regime di Teheran contro le donne del loro paese.
Tanti i messaggi di sostegno a Israele, come quello della eurodeputata della Lega Anna Cinzia Bonfrisco. “Non aderiamo solo a questa manifestazione, ma in toto alle ragioni di Israele, uno stato e un popolo che si difendono da attacchi che avvengono da molti anni, contro i quali è stata dichiarata una guerra il 7 ottobre, una guerra che è passata sul corpo di tante donne”.
Per la ministra della Famiglia e delle Pari Opportunità Eugenia Roccella “oggi è più difficile ma necessario non lasciare solo Israele, l’unico posto in Medio Oriente dove le donne possono essere libere. Vorrei fare una proposta. L’8 marzo è la Giornata Internazionale della Donna e nasce da una data luttuosa, un grave incendio avvenuto tanti anni fa. Il 7 ottobre lo è altrettanto, perché c’è stato il primo femminicidio di massa. Proverò a farla diventare la data contro il femminicidio”.
“Noi siamo qui oggi come ebree ed ebrei italiani a ribadire verità, solidarietà, affetto e vicinanza alle donne, ragazze e madri che si stavano appena svegliando o che stavano ancora ballando, quando sono state trucidate e violentate”, ha ricordato la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, tra le oratrici della serata.
Dalla presidente è arrivata una dura condanna ai movimenti femministi che non hanno espresso solidarietà alle vittime del 7 ottobre, ma ha scelto di schierarsi solamente per una parte. “Alle donne del movimento ‘Non una di meno’ dico: se foste state lì sareste state violentate e massacrate anche voi, senza esitazione” (clicca qui per leggere il suo intervento integrale).