23 novembre 2020
I falsari esistevano già prima che esistesse la moneta. E’ quanto emerge da uno studio condotto da Tzilla Eshel ed Ayelet Gilboa, dell’Università di Haifa, insieme a Yigal Erel e Naama Yahalom-Mack, dell’Università di Gerusalemme, che sarà pubblicato nel prossimo numero del Journal of Archaeological Science. Secondo lo studio, una grave carenza di argento nel Levante durante la prima età del ferro (1200-950 a.e.v), il periodo in cui le tribù d’Israele si stabilirono in Canaan, portò alla produzione di pezzi d’argento con un’alta percentuale di rame. A quel tempo non venivano ancora coniate monete e il commercio si avvaleva di pezzi d’argento non uniformi, nei quali la quantità di argento era molto importante. Secondo i ricercatori, la piccola percentuale di argento nei pezzi risalenti a quel periodo rinvenuti a Beit She’an, Megiddo e Ashkelon, mescolato con altre sostanze come il rame e anche l’arsenico, che li faceva apparire di color argento, “rafforza l’ipotesi che, almeno in parte, si sia trattato di una contraffazione intenzionale”. Tzilla Eshel ricorda che nel libro di Ezechiele (22:18), il profeta si scaglia contro “il popolo d’Israele che è diventato scorie per me, sono tutti rame, stagno, ferro e piombo dentro la fornace: sono scoria d’argento”. “La frase è ovviamente una metafora del rapporto tra Dio e i figli d’Israele – spiega Eshel – Ma è del tutto possibile che descriva una realtà che all’epoca era familiare: un blocco d’argento mescolato con vari altri metalli”.
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