Parshat Balak
Dio può essere corrotto? – Parshat Balak
di Rav Shmuel Rabinowitz, Rabbino del Kotel e luoghi sacri in Israele
tradotto ed adattato da David Malamut
La parasha di questa settimana racconta una storia insolita nell’arazzo delle narrazioni bibliche. La storia inizia con Balak, re di Moab, un piccolo regno a est di Canaan, che è preso dalla paura quando vede gli Israeliti avanzare verso il suo territorio.
Balak si rese conto che i mezzi convenzionali non gli avrebbero permesso di resistere a una conquista Israelita, soprattutto dopo che gli Israeliti avevano già sconfitto i suoi vicini amorrei. Quindi si rivolse a metodi non convenzionali: inviò emissari a Balaam, il famoso stregone dell’est, affinché venissero a Moab e maledissero gli Israeliti. Balak credeva che una tale maledizione avrebbe impedito agli Israeliti di vincere, garantendo così la sopravvivenza di Moab.
Balaam, sebbene fosse uno stregone idolatra, riconobbe l’esistenza del Dio d’Israele e sapeva che non poteva maledire gli Israeliti contro la volontà divina. Quindi, adottò una strategia astuta: offrì sacrifici a Dio, sperando di ottenere il suo consenso a maledire gli Israeliti. Questo, ovviamente, fallì. Balaam fallì ripetutamente e ogni tentativo di maledire gli Israeliti ebbe come risultato benedizioni e lodi per il popolo d’Israele che uscivano dalla sua bocca.
Quando guardiamo questa storia da una prospettiva esterna, sorge una domanda:
perché la Torah ci racconta questa storia?
Il popolo d’Israele aveva qualche motivo reale per temere la maledizione di Balaam? Perché dovremmo preoccuparci di questi due individui, Balak e Balaam, che salgono sulla montagna e tentano di maledire gli Israeliti?
Le parole del profeta Michea, nella lettura dell’Haftarah corrispondente alla parasha di questa settimana, suggeriscono che c’era davvero un motivo per temere la maledizione di Balaam (Michea 6, 5):
<<Popolo mio, rammenta deh! qual fu il progetto di Balàk re di Moàb [cioè di far maledire Israel], e qual fu la risposta datagli da Bileàm figlio di Beòr; (rammenta i fatti accaduti nel tratto di paese) da Scittìm sino a Ghilgàl [l’infedeltà di degl’Israeliti in Scittìm, Numeri 25,1 indi il prodigioso asciugamento del Giordano, che fu passato a piede asciutto presso Ghilgàl], per conoscere la bontà del signore>>
Dalle parole di Michea è implicito che le maledizioni di Balaam, se fossero state pronunciate, avrebbero potuto danneggiare il popolo di Israele. Fu solo grazie alla protezione speciale che Dio fornì facendo uscire benedizioni invece di maledizioni dalla bocca di Balaam che il popolo fu salvato dalle sue maledizioni.
A questo punto il profeta Michea fa una svolta sorprendente e parla dei valori e delle azioni che Dio esige dall’uomo (Michea 6, 6-8):
<<Con chi mi presenterò al Signore (risponde il popolo penitente), (come) mi inchinerò all’Iddio dell’alto (cielo)? Debbo io presentarmegli con olocausti, con vitelli nati entro l’anno? Il Signore si placherà egli con migliaja e miriadi di montoni, con torrenti di adipe? Oppure debb’io dare [sacrificare] il mio primogenito per (espiare) la mia colpa, il frutto del mio ventre pel peccato da me commesso? Non t’ha egli alcuno (risponde il profeta) che cosa è il bene? e che cosa il Signore chiede da te? (Null’altro) se non se praticare la giustizia, ed amare la misericordia, e tenere un umile contegno verso il tuo Dio>>
Sembra che il profeta tragga una morale dalla storia di Balaam. Questo stregone idolatra era convinto che attraverso i suoi sacrifici avrebbe potuto corrompere Dio affinché gli permettesse di maledire gli Israeliti. Tuttavia, il profeta Michea ci insegna che Dio non è affatto interessato ai sacrifici! È interessato alla giustizia, alla gentilezza e all’umiltà. Pertanto, non c’è modo di corromperlo o di fargli cambiare idea. Dio desidera il bene e sostiene coloro che fanno il bene, e non è possibile aggirare questo ostacolo.
Dio non ha risposto all’appello di Balaam, e il profeta ci insegna ad apprezzarlo e a trarre una lezione per la nostra vita. Cosa richiede Dio da noi? Non che ci sacrificassimo per Lui o Gli dessimo i nostri beni più preziosi. Egli esige, e questa è una richiesta ferma, irremovibile e non apparentemente una richiesta educata, che fossimo buoni: fare giustizia, amare la gentilezza e camminare umilmente con il nostro Dio (לעשות משפט, לאהוב חסד ולנהוג בצניעות).